{{IMG_SX}}Bologna, 18 dicembre 2008 - Tre nuovi nomi finiscono sotto accusa per il crollo della palazzina di San Benedetto del Querceto. Tra pochi giorni sarà il secondo anniversario della tragedia avvenuta nella frazione di Monterenzio il 23 dicembre 2006. Quel giorno una fuga di gas e la conseguente esplosione provocarono cinque morti e diversi feriti.

 

La Procura di Bologna ha emesso un secondo provvedimento di fine indagine in cui compaiono Roberto Barilli (ex direttore generale di Seabo e poi del gruppo Hera, oggi numero uno della direzione generale Operations della multiutility), l'ex direttore della divisione Energia di Seabo e ora ad di Hera Trading e il responsabile del call center in servizio quel giorno.

 

I reati ipotizzati dai pm sono: disastro colposo, omicidio plurimo colposo e crollo colposo. Per altre otto persone, invece, i pm Luigi Persico e Antonella Scandellari chiedono oggi l’archiviazione. Nel primo avviso di fine indagine, emesso a maggio, i nomi erano 20: tecnici, dirigenti e addetti di pronto intervento di Hera e dei precedenti gestori Acoser e Seabo.

 

Per piazza Trento e Trieste le responsabilità vanno molto indietro nel tempo e riguardano realizzazione, manutenzione e riparazione della rete gas. Nelle indagini si intrecciano tre episodi: oltre allo scoppio fatale del 2006, due rotture della condotta nello stesso punto (nel 1999 e nel 2000) che avrebbero dovuto fungere da campanelli di allarme. Le accuse ai due dirigenti ora inseriti nel novero degli indagati riguardano proprio l’episodio del 2000. Da un supplemento di indagini dei carabinieri del comando Tutela dell’Ambiente risulta che i capidistretto riferirono della rottura del 2000 alla sede centrale di Seabo. Lì, però, non furono tratte le conseguenze tecniche che quel segnale avrebbe dovuto far scattare

 

L’ipotesi della Procura, che parla di "carenza organizzativa", è che all’epoca non ci fosse un organigramma societario adeguato a garantire che da quell’episodio, il guasto del 2000, scaturissero i necessari controlli sulla rete. Il direttore generale di Seabo (all’epoca Barilli), in particolare, non aveva conferito deleghe tali da individuare sfere di competenza in merito. Risalendo la piramide societaria, quindi, per gli inquirenti la responsabilità finisce per ricadere sul vertice più alto, cioè su Barilli. Non così per lo scoppio del 2006, quando una nuova organizzazione societaria, per la Procura, interrompe prima la catena delle responsabilità.

 

Il direttore della divisione Energia e responsabile della gestione delle reti a media pressione di Seabo, invece, ricoprì l’incarico in anni successivi (dal 2001 al 2003), ma alla luce di quanto successo nel 2000 per gli inquirenti non intervenne opportunamente. Il responsabile del call center, infine, per i pm condivide con i due centralinisti (già inseriti nel primo avviso di fine indagine) la responsabilità di aver sottovalutato le segnalazioni che i cittadini fecero ad Hera sulla fuga di gas.  Le otto richieste di archiviazione, invece, riguardano due quadri intermedi di Seabo (per l’episodio del 2000) e le squadre di Hera intervenute a scoppio avvenuto. Chiudendo una seconda fase dell’inchiesta, commenta Persico, la Procura ha cercato di "mantenere l’impegno di arrivare in vista del secondo anniversario con una materia processuale definita".