{{IMG_SX}}Modena, 18 ottobre 2008 - Eccezionale trapianto di fegato a un testimone di Geova, senza trasfusione di sangue, al Policlinico. L'intervento è avvenuto all'inizio della scorsa settimana ed è stato portato a termine con successo. «Si tratta di un risultato davvero straordinario - ha commentato all'uscita dalla sala operatoria il professor Giorgio Enrico Gerunda (nella foto) - perchè coniuga esigenze terapeutiche con le profonde convinzioni religiose del paziente che non può ricevere trasfusioni di sangue. Da tempo - ha spiegato il chirurgo - il nostro Policlinico è un punto di riferimento a livello regionale e nazionale per la comunità dei testimoni di Geova in quanto siamo in grado di svolgere un'ampia gamma di interventi senza ricorrere alle trasfusioni. Un trapianto, però, è certamente un intervento caratterizzato da un livello di complessità eccezionale che, quindi, ci presenta problematiche diverse».

Il trapianto senza trasfusione, uno dei pochi finora eseguiti in Italia, è durato sette ore ed è stato effettuato su un paziente di 55 anni. Proprio per la sua eccezionalità tale operazione ha bisogno di una procedura particolare. «In questi casi - ha spiegato Gerunda - esistono protocolli speciali per valutare se il paziente è in grado di subire l'intervento senza trasfusioni. Questi protocolli prendono in considerazione sia le capacità coagulative del paziente che le riserve funzionali del fegato. Se il paziente rientra in un ambito di fattibilità chirurgica, si procede all'inserimento in lista di attesa».

Durante l'intervento vengono poi poste in atto tutte le procedure previste per il recupero del sangue intraoperatorio con immediata reinfusione in circolo. In questo modo è possibile in tutti i casi risparmiare il consumo del sangue (procedura attuata usualmente in tutti gli interventi chirurgici potenzialmente emorragici) e nel caso specifico evitare le trasfusioni di sangue diverso da quello del paziente.

Il vero problema nel pazienti testimoni di Geova, non è quindi la possibilità di effettuare un trapianto o comunque un intervento chirurgico senza uso di sangue (cosa non infrequente grazie al recupero ematico intraoperatorio), quanto la necessità di fornire la garanzia di non effettuare trasfusioni prima che venga eseguito l'intervento. Da ciò ne deriva che essenziale è l'attenta valutazione delle condizioni cliniche nel corso del tempo di attesa ed il rispetto dei parametri condivisi con la congregazione religiosa ed il credo dei pazienti.

Nel caso, però, il chirurgo e l'anestesista (che ha un ruolo essenziale durante tutto l'intervento per garantire la normalità pressoria del paziente, prima o durante l'intervento) rilevino condizioni rischiose per la vita, evidentemente si dovranno comportare secondo scienza e coscienza, nell'interesse primario di salvaguardare la vita della persona che si è affidata alle loro cure. «Attualmente - continua Gerunda - abbiamo altri cinque pazienti testimoni di Geova in lista di attesa e speriamo di poter soddisfare in tutti i casi le loro esigenze di salute e di fede religiosa».