Giovedì 18 Aprile 2024

A che serve votare

di Andrea Cangini

EVA BENE, d’accordo. Il giovane premier Alexis Tsipras ha un atteggiamento un po’ guascone, il suo ministro dell’economia Yanis Varoufakis gira in motocicletta e le premesse del rapporto tra la Grecia e l’Europa mal si conciliano con le conclusioni, ovvero con il merito dell’intesa raggiunta ieri tra Atene e Bruxelles. E’ tutto vero. Ma non è una novità. «Il cambiamento ora!», fu lo slogan elettorale con cui Francois Hollande si presentò alle presidenziali francesi del 2012. E quel punto esclamativo era piantato nel cuore dell’Unione europea. Fu, quella di Hollande, una campagna di rottura rispetto all’asse Merkel-Sarkozy, l’annuncio di una svolta, la promessa di una rivoluzione. Il ruolo della Bce, l’introduzione degli eurobond, la rinegoziazione del Fiscal compact: tutto, nella retorica dell’allora candidato presidente, rendeva l’idea che un cambiamento radicale fosse possibile, bastava votare per l’uomo giusto. A distanza di quasi tre anni, possiamo dire con matematica certezza che quell’idea era illusoria. Da che Hollande siede all’Eliseo nulla è infatti cambiato: la Germania continua ad esercitare la propria egemonia sulle politiche europee e le politiche europee continuano ad essere improntate al rigore di sempre

 

SE LO SCORSO anno Matteo Renzi avesse dovuto affrontare una campagna elettorale, non avrebbe fatto discorsi molto diversi da quelli di Hollande. Tuttavia, pur non essendosi trovato nelle condizioni di dover chiedere un mandato popolare sulle politiche europee, ha messo agli atti l’intenzione di «cambiare verso» all’Europa. Ma quel rovesciamento di logica non c’è stato. Ci sono stati alcuni aggiustamenti, lievi correzioni di rotta frutto di blande mediazioni. Mario Draghi, ad esempio, ha sfruttato al massimo i limiti statutari della Bce. E la cancelliera Merkel ha concesso una proroga alla Grecia per attuare il proprio piano di riforme. Piccole cose, neanche l’accenno di una svolta radicale. Gli Stati nazionali non hanno la forza di sovvertire l’ordine europeo, la Germania non ha interesse a modificare un sistema di cui ad oggi è il principale beneficiario. L’economia tedesca è infatti la più florida dell’Eurozona, e il governo lancia inediti appelli ai disoccupati italiani affinché vadano a formarsi e a impiegarsi in Germania. «Fatevi furbi», lo slogan. Vagamente irritante. Tutto chiaro, tutto logico, tutto coerente. Solo un dubbio: ma se l’unica cosa che distingue ormai i politici è prendere un tram piuttosto che un’auto blu, che senso ha continuare a votare?

 

di Andrea Cangini