Venerdì 19 Aprile 2024

Agugliano, uccise marito. Chiesti 16 anni di carcere

Maria Andrada Bordea accoltellò a morte il marito. Per i suoi avvocati agì per difendersi

La donna uccise il marito  il 2 marzo 2014 ad Agugliano

La donna uccise il marito il 2 marzo 2014 ad Agugliano

Ancona, 30 gennaio 2015 - Sedici anni di reclusione per omicidio volontario, aggravato dalla minorata difesa della vittima e dal vincolo coniugale. È l’istanza di condanna con rito abbreviato fatta oggi al Gup di Ancona Paola Moscaroli dal procuratore della Repubblica Elisabetta Melotti a carico di Maria Andrada Bordea, 27 anni, di origine romena, accusata di avere ucciso il marito Dumitru, 33 anni, con una coltellata alla gola il 2 marzo 2014 ad Agugliano e di aver poi simulato il suicidio dell’uomo. Il pm ha chiesto di non concedere le attenuanti generiche anche in considerazione della condotta tenuta dalla Bordea dopo l’omicidio: la richiesta di pena ha però tenuto conto del contesto famigliare, esasperato da molteplici problemi. La sentenza arriverà il prossimo 27 febbraio. Dumitru, disoccupato da tre anni, era depresso e frustrato per i conti ‘in rossò e il timore di non potere garantire un futuro alle due figlie di 3 e 6 anni. Spesso tornava a casa ubriaco (lo era anche quella sera) e intrattabile.

La sera del delitto le piccole erano in casa e la più grande avrebbe descritto una vita familiare problematica, senza però riuscire a riferire nulla su cosa accadde in quei frangenti. Fu la stessa Andrada a chiamare i soccorsi: sostenne che il marito le aveva detto di portare via le figlie e che, quando poi erano tornate, lo avevano trovato morto suicida. I carabinieri non le credettero: la donna si tradì al telefono con un’amica alla quale chiese di coprirla, dicendosi dispiaciuta per accaduto.

La difesa, rappresentata dagli avvocati Jacopo Saccomani e Alessio Stacchiotti, ha prefigurato invece una colluttazione tra i due e ha chiesto di riconoscere la legittima difesa o quantomeno un eccesso colposo di difesa: dunque non fu omicidio volontario ma colposo, secondo i difensori che hanno depositato due perizie affinché venga riconosciuto il vizio parziale di mente. Parti civili nel processo sono le bambine, rappresentate legalmente dall’avvocato Eleonorda Tagliabue, ora affidate alla zia e monitorate dai servizi sociali.