Banca Marche, scoperti conti fantasma in Lussemburgo

Credenziali fasulle per ottenere crediti. A un imprenditore concessi 120 milioni di euro

Roma, palazzo Koch: sede della Banca d'Italia (Foto Ansa)

Roma, palazzo Koch: sede della Banca d'Italia (Foto Ansa)

Ancona, 5 dicembre 2015 - In Banca Marche (quella messa in liquidazione coatta amministrativa con decreto del governo Renzi) «numerosi rapporti anomali, privi dell’indicazione del titolare effettivo», «di cui 40 relativi a società sammarinesi e lussemburghesi e 120 intestati fiduciariamente». A scriverlo Banca d’Italia nell’agosto 2011, quando ha comminato sanzioni ad amministratori e sindaci di BM (12mila euro ciascuno e 16mla all’ex dg Bianconi, in quella fase). Conti in Lussemburgo e a San Marino.

Posizioni fantasma o senza un reale intestatario, su cui nessuno sembra aver vigilato. Lo riporta lo studio legale Bonelli Erede Pappalardo commissionato dai commissari straordinari Giuseppe Feliziani, Bruno Inzitari e Federico Terrinoni che hanno amministrato BM per oltre due anni. «Informazioni sui titolari effettivi di società palesemente incongrue e difformi da quelle raccolte dalla stessa banca per la concessione e il controllo delle facilitazioni creditizie», ma anche «sostanziale incompletezza della profilatura della clientela per le classi di rischio».

E ancora «versamenti di assegni circolari per importo non coerente con il profilo economico-finanziario del cliente». Trentasette le posizioni per lo più di credito concesso a imprenditori edili o società del settore immobiliare, analizzate per danni arrecati alla banca di oltre 4,7 miliardi di euro. Ad alcuni rilievi di via Nazionale l’ex dg Bianconi, gli ex componenti del Cda e sindaci hanno risposto chiamando in causa la crisi economica.

«Pur ammettendo nella sostanza gli addebiti mossi, hanno tentato di sminuirne la portata - si legge nel documento di Banca d’Italia -, sostenendo le difficoltà per l’azienda di adeguarsi a una normativa in rapida evoluzione». Ma gli ex vertici (31) hanno anche parlato di «difficoltà connesse alla scarsa collaborazione prestata dalle società sammarinesi» e la «necessità di attenzione ai costi». Banca d’Italia ha concluso che «le argomentazioni difensive svolte in merito alle carenze organizzative rilevate nel comparto creditizio non appaiono idonee a smentire le diffuse anomalie rilevate, generalmente ascritte dagli interessati alla fase congiunturale».

Fiumi di denaro: solo per restare alle 37 posizioni contestate nell’atto di citazione dei commissari alla Procura di Ancona a giugno si parla di 470 milioni di euro concessi «facilmente». Un costruttore anconetano è riuscito ad ottenere con una società oggi fallita, finanziamenti, mutui e aperture di credito per 120,5 milioni di euro in 5 anni, suddivisi in 8 pratiche diverse.

Altri imprenditori marchigiani e non sono riusciti a farsi dare credito, in alcuni casi senza neppure spiegare come avrebbero ridato indietro quei soldi. Salvo poi riuscire, altrettanto facilmente, a farsi aprire una seconda linea di credito per finanziare la prima. Fatti risalenti al periodo tra il 2006 e il maggio 2012, su cui la Procura sta indagando. Un periodo in cui tante aziende manifatturiere marchigiane in crisi hanno chiesto credito agli stessi amministratori, senza però ottenerlo. I legali dello studio Bonelli Erede Pappalardo hanno convocato gli ex vertici, revisori e la società di revisione dei bilanci per il 15 dicembre prossimo al tribunale di Ancona.