Banca Marche, lettera a Renzi: "I clienti urlano contro di noi"

Una dipendente dell'istituto bancario scrive al premier: "Così fate perdere fiducia"

NEL MIRINO Il premier Matteo Renzi contestatoper l’operazione di salvataggio di Banca Marche

NEL MIRINO Il premier Matteo Renzi contestatoper l’operazione di salvataggio di Banca Marche

Ancona, 9 dicembre 2015 - «ONOREVOLE presidente del Consiglio, mi chiamo Lucilla Romanetti e sono una bancaria di ‘Nuova’ Banca Marche spa. Mi permetta di dissentire e offrire alcune ricette».  E’ il tenore della lettera che venerdì Lucilla Romanetti, che vive e lavora a Città di Castello pur avendo origini marchigiane (il padre è di Urbino), ha inviato al premier Matteo Renzi. Affrontare quotidianamente dal 23 novembre ormai, da dietro la scrivania del suo ufficio le domande e le accuse di azionisti e obbligazionisti subordinati della ‘vecchia’ Banca Marche, interrogativi ai quali spesso non c’è risposta se non scuotere la testa, è difficile. E allora la Romanelli ha deciso di metterci la faccia.  Si definisce «una dei tanti bancari che amano il loro lavoro e la loro azienda che ora dopo il decreto ‘Salva Banche’ si trovano in questa situazione atroce». Venerdì ha inviato questa lettera oltrechè a Renzi, anche all’ufficio relazioni con il pubblico del Ministero delle Finanze, ai politici locali e all’Adusbef ed è in attesa di risposta. La politica secondo lei avrebbe dovuto e potuto giocare un ruolo diverso nell’operazione di salvataggio di Banca Marche commissariata per oltre due anni da Banca d’Italia. Avrebbe dovuto controbattere all’Europa che ha detto no al piano di salvataggio tramite Fondo Interbancario. Qualcosa si può ancora fare secondo la giovane bancaria, per restituire fiducia ai tanti correntisti della vecchia Banca Marche. Ecco spiegato il suo appello in extremis al premier.

 

LUCILLA Romanetti, perché ha deciso di scrivere ai politici e in primis al premier?

«L’ho fatto dopo giornate atroci al lavoro, dopo aver sentito urla e lamentele di clienti che magari con noi hanno perso duemila euro ma che con Etruria hanno perso anche oltre centomila euro, dopo la rabbia per aver perso i miei soldi e quelli dei miei familiari. Consapevole che non servirà a nulla, ma per dimostrare almeno che non siamo un popolo di stupidi come pensano loro. Ho scritto a Renzi nella speranza di poter dare voce alla sfortunata moltitudine di azionisti, di cui anche io faccio parte e obbligazionisti subordinati delle quattro banche oggetto di uno ‘sciagurato’ decreto imposto, a quanto si legge, dalla Commissione europea, nonché ai bancari che, loro malgrado, si trovano a dover dare notizie che mai avrebbero voluto comunicare ai loro clienti. Quanto applicato mi sembra essere basato su valutazioni non corrette e su errate interpretazioni del diritto».

 

Cioè?

«L’operazione che era stata inizialmente presentata dall’Abi, che avrebbe comportato decisamente meno problemi ai risparmiatori, è stata rigettata dalla Commissione europea in quanto considerata appunto aiuto di Stato. Ma ho chiesto al premier: ‘Come può esserlo un prestito ponte emesso da una cordata di istituti di credito assolutamente privati?’ Nessuno spiega cosa abbia indotto la commissione a definirli in tal senso e perché il nostro governo non abbia potuto far opposizione».

 

Si è dato la colpa anche ai dipendenti, agli operatori di filiale.

«Nonostante ora sia semplice scaricare le colpe sugli operatori che le hanno collocate, per le obbligazioni subordinate benché si tratti effettivamente di prodotti meno chiari delle classiche obbligazioni, nei prospetti informativi è indicato che qualora la banca versi in condizioni di grave dissesto economico, possono essere sospese le cedole, dilazionati i tempi di rimborso, ma non azzerate. La perdita totale del capitale è possibile solo in caso di fallimento dell’intero istituto bancario».

 

Che altro ha scritto al premier?

«Lei si rende conto di quanto questa manovra peserà sulla nota e storica propensione al risparmio degli italiani? Come possiamo fidarci, e qui parlo da risparmiatrice, di un Paese che non tutela i suoi stessi figli, ma che li sacrifica all’Europa? E in cambio di cosa? Solo per portare sulla giacca la stellina dei più bravi della classe per essere una delle nazioni che meno hanno ricorso agli aiuti di Stato? In una situazione del genere, sebbene forse sarebbe stato meglio ricorrere alla Corte Europea per dimostrare l’infondatezza del principio su cui si è basato il rifiuto del piano dell’Abi da parte della Commissione, varare i Tremonti Bond ‘bis’ come per Monte dei Paschi di Siena sarebbe stato il male minore».

 

Ha chiuso con un appello...

«Sì, ho scritto: ‘Lei rappresenta l’Italia, noi ancora siamo cittadini italiani, e non voglio credere che ormai la repubblica italiana non esista più e sia una semplice ‘succursale’ della casa madre Germania. Mi scusi se mi permetto di dare consigli o parziali ricette per cercare di risolvere almeno in parte questo enorme disastro, ma mi creda che dover parlare ogni giorno con azionisti e obbligazionisti è terribile, specie perché nessuno di noi dipendenti, ignari del dissesto fino al giorno del commissariamento, è in grado di giustificare come ottimi istituti siano riusciti a fare una fine così ingloriosa».