Banca Marche, multe ai consiglieri da Bankitalia. Ercoli: "Le colpe non sono del Cda"

Il noto noto imprenditore del Maceratese si difende: "Il consiglio non poteva sapere tutto"

Germano Ercoli (foto Calavita)

Germano Ercoli (foto Calavita)

Ancona, 22 agosto 2014 - Tutta colpa della lettera di Bankitalia del 9 gennaio 2012, lettera allora disattesa dai vertici di Banca Marche che però conteneva indicazioni molto importanti per riportare l’istituto di credito in carreggiata. Oggi quella mancata volontà di seguire i consigli di Roma rischia di costare molto caro al direttore generale, alla presidenza, al consiglio di amministrazione e ai componenti del collegio sindacale dell’epoca. Multe che vanno dai 391mila ai 90mila euro che comunque saranno pagate dalla banca stessa che poi si dovrà rivalere sui singoli responsabili.

Germano Ercoli, noto imprenditore del Maceratese, è uno degli ex consiglieri di amministrazione colpiti dal provvedimento. «Tutti sanno che nel periodo in cui sono stato in quel Cda ho lavorato perché saltassero fuori le cose che non andavano bene. Ora arriva questa multa che nei miei confronti suona un poco come una beffa. Capisco che Bankitalia ora deve fare il massimo della chiarezza ma le responsabilità vanno cercate altrove e non soltanto in quel consiglio di amministrazione che non aveva gli strumenti necessari per controllare tutto. Ora abbiamo trenta giorni di tempo per fare opposizione e vediamo come andrà a finire. Di certo io non ho stipulato polizze assicurative per evitare le multe, io non avevo niente da temere per le decisioni che prendevo in quel Cda».

A leggere bene i retroscena c’è da dire che sotto la lente di ingrandimento di Bankitalia continua ad esserci il periodo Bianconi ed in particolare si rimprovera al Cda dell’epoca proprio l’incapacità di prevedere la sostituzione del direttore generale che non stava gestendo la banca al meglio. Dall’assenza di un audit (ispettorato) che rispondesse al Cda e non al direttore generale, ai controlli informatici centralizzati, Roma spiegava molto bene che cosa non andava. Purtroppo si perse del tempo prezioso, colpa delle distrazioni legate al rinnovo della presidenza, da Ambrosini a Costa, e dell’assenza di un dialogo costruttivo tra le fondazioni.

Quell’immobilismo costa ora le pesanti multe ma in realtà è costato molto di più alla banca che è ancora in attesa di una vera e propria operazione di salvataggio. Ancora non è chiaro il ruolo che Fonspa potrà avere nel futuro di Banca Marche, di certo il partner finanziario è pronto a mettere i soldi che servono ma è sull’operatività che si sono levati i primi dubbi. Fonspa non è banca retail, certo può farlo ed è autorizzata a farlo ma l’ipotesi di un coinvolgimento di un ulteriore partner bancario non è certo tramontata.

La vicenda di Banca Marche continua quindi su due piani: da una parte si debbono regolare i conti con il passato e dall’altra si punta a ripartire con il concorso unanime della comunità locale (Regione Marche), economia (pool di imprenditori) credito (Fonspa) e quel che resta in mano alle fondazioni.