Ammutinamento al centro profughi: "Non ci fanno rispettare il Ramadan"

Acervia, protesta al centro 'Alle Terrazze': arrivano i carabinieri

I profughi ospitati nel centro

I profughi ospitati nel centro

Ancona, 28 giugno 2015 - Ammutinamento al Centro ‘Alle Terrazze’ di Arcevia che ospita diversi immigrati. Ieri mattina richiedenti asilo per la maggior parte originari dell’Afghanistan e del Pakistan – tutti di religione musulmana – hanno infatti inscenato una singolare protesta. Dopo le 7 una cinquantina di ospiti del Centro ha deciso di allontanarsi e raggiungere Senigallia a bordo di un pullman di linea; probabilmente l’intenzione era quella di recarsi alla Prefettura di Ancona. Ma il gruppo che a piedi è sceso fino in paese è stato bloccato dai carabinieri all’uscita di Arcevia.

Gli stranieri hanno fatto presente che la decisione di allontanarsi era legata a richieste precise che avrebbero voluto avanzare alle autorità. Un sit-in sulla piazza nel quale gli stranieri hanno ribadito la volontà di voler seguire il ‘Ramadan’ ma che questo sarebbe loro reso difficile dagli orari e dalle abitudini del Centro ‘Alle Terrazze’, dove tra l’altro ci sono anche una trentina di ospiti africani, di religione cristiana. Dopo un paio di ore ed un primo conciliabolo con le forze dell’ordine, i richiedenti asilo hanno accettato di ritornare al Centro ‘Alle Terrazze’ dove sono stati raggiunti dal vice prefetto, rappresentanti della questura, dal sindaco di Arcevia Andrea Bomprezzi e dal vice, Fiorenzo Quajani.

I rappresentanti istituzionali e gli amministratori hanno ascoltato le regioni degli ospiti della struttura, nonché la responsabile del Centro, Katia Vecchi che da più di venti anni ospita profughi e richiedenti asilo. Un confronto andato avanti per qualche ora, fino a che la manifestazione è rientrata. Fuori dalla struttura, un gruppetto di musulmani stempera la tensione accumulata durante la protesta. Il loro tono è pacato, anche se fermo: «Nel periodo del Ramadan – spiega qualcuno in inglese – noi non possiamo né mangiare, né bere durante il giorno. Ma solo dopo il tramonto. Però non possiamo usufruire della cucina. Anche rispetto agli orari, vorremmo più elasticità; se la sera usciamo, dobbiamo rientrare prima delle 23 perché il Centro a quell’ora chiude. E poi c’è un medico che deve seguire tutti e tutto, ma ognuno ha delle proprie esigenze».

Ma andando un po’ più a fondo sulle varie rivendicazioni, si capisce però che la protesta più che sul Ramadan, nasconderebbe altre questioni legate ad aspetti economici ed anche alle loro lunghe attese per avere lo status di rifugiato politico. «Non abbiamo la possibilità di avere i soldi che ci vengono inviati dalle nostre famiglie dai paesi di origine, dove per la maggior parte c’è la guerra – raccontano altri – Perché noi non possiamo avere dei soldi mentre invece abbiamo sentito che in altri Centri ad esempio a Bari o in Sicilia questo succede? Lì stanno meglio. Noi vogliamo avere la possibilità di non rimanere a lungo in questa struttura. Ci sentiamo isolati».