Crisi alla Gatto: "Chi manterrà i nostri figli?"

Lavoratori disperati al terzo giorno di sciopero

Picchetto alla cucine 'Gatto' (foto Antic)

Picchetto alla cucine 'Gatto' (foto Antic)

Ancona, 20 settembre 2014 - Disperati, a braccia incrociate davanti ai cancelli della «Gatto» con uno striscione per lanciare un messaggio ai titolari: «Non eravamo come una grande famiglia?». Sono volti segnati da rabbia e delusione quelli di una quarantina di operai e amministrativi a rappresentanza dei 112 della Gatto cucine di via Cameranese, al picchetto davanti all’ingresso della ditta. Per la terza mattinata consecutiva hanno incrociato le braccia. Le loro storie si assomigliano e si accavallavano lì fuori in un crescendo di preoccupazione. «Lavoro da dieci anni qui alla Gatto, abito ad Ancona, ho una figlia di sei anni. Non ce lo saremmo mai aspettato da loro», dice Massimo Amati, rsu dell’azienda, parlando davanti all’ingresso assieme al collega Roberto Roncaglia di Castelfidardo che aggiunge: «Ho una famiglia, due figli, uno di undici e l’altro di diciassette, lavoro qui da quindici anni. Sono deluso, nel giugno scorso quando hanno avviato i contratti di solidarietà conoscevano la situazione ma non hanno fatto alcuno sforzo. Noi ci siamo spesi per l’azienda quando ci hanno chiesto di fare sacrifici e lavorare di più».

Ci hanno creduto fino alla fine, dicono tutti, ricordando quando l’8 agosto scorso i vertici hanno imposto lo stop ai lavori. Sarebbero dovuti tornare l’8 settembre ma poi hanno allungato i termini posticipandoli al 15, giorno in cui hanno comunicato ai sindacati le loro intenzioni, seppur in forma solo verbale. Una situazione di stallo in cui si trovano impantanati e che non fa altro che peggiorare le loro condizioni, anche psicologiche, per riuscire a trovare lo stesso un modo di pagare le bollette, chi il mutuo o i libri per la scuola dei figli.

«Abbiamo paura perché sembra che la ditta non sia disposta a trattare, sta soltanto cercando di prendere tempo», aggiunge Danilo Balducci, rsu, anche lui padre di famiglia. «Io sono di Osimo Stazione, ho quarant’anni di esperienza qui, due figli e mia moglie non lavora, anche la sua azienda è in difficoltà», dice Alfio Montenovo vicino al collega cameranese Luigi Pieretti, dal 1972 al servizio dell’azienda cui a febbraio spetterebbe il pensionamento, moglie e due figli a carico: «Rifiuterò di firmare la mobilità volontaria per stare vicino ai miei colleghi». 

A sostenere la loro lotta i sindacati, ieri davanti ai cancelli c’era Filomena Palumbo della Uil: «Quello cui i titolari stanno sottoponendo gli operai in sciopero è una sorta di ricatto morale, dicono loro di venire a lavorare ma non sanno se poi li pagheranno. Che ci dicano invece cosa intendono fare ‘da grandi’ e tutto l’impatto che ne deriverà anche a livello sociale. A oggi non c’è ancora conferma delle loro intenzioni, è una situazione irrispettosa nei confronti dei dipendenti e perché no, anche dei potenziali clienti futuri che devono sapere se la cucina acquistata da Gatto non è più prodotta in questo stabilimento».