Ancona, 12 settembre 2011 - L’ALBA della speranza è andata in porto. E’ una luce che tremola sulla marina, dopo il buio fitto d’una notte trascinata per mesi e mesi. Quella d’operai e cassintegrati, senza un approdo. Ma quel bagliore che filtra sul piazzale della Fincantieri, in faccia al palco, è come un tappeto srotolato in attesa dell’arrivo del Santo Padre. Che è un barlume per coloro che sono sospesi tra attese e delusioni. E’ il teatro della città che attende l’atteraggio di Benedetto XVI, apice del Congresso Eucaristico Nazionale.

Tutto ruota attorno al cantiere, perno e fulcro della visita pastorale. Dove, già alle 5,30, una processione di magliette bianche e rosse colora la grigia distesa. Sono i primi grappoli d’una marea umana, centomila anime, che bussa alle porte d’Ancona. A mattinata piena, in faccia al palco, s’agita l’altro mare. Quello bianco. Ondeggia, s’increspa all’atteraggio del primo elicottero verde dell’Aeronautica, che precede l’angelo bianco-azzurro decollato da Ciampino. Dentro, il Papa. Il popolo della speranza issa i suoi vessilli. Scoccano le nove e mezza, il pontefice atterra. Con Ratzinger, il sostituto della Segreteria di Stato, Angelo Giovanni Becciu, e il segretario particolare, Georg Gaeswein. Poi, il bagno di folla. Con un deja-vu: la papamobile scoperta di Wojtyla acclamato dai fedeli, nel ’79. Stavolta, tra le gru bloccate di Fincantieri, il ritorno del Santo Padre è come un fuoco riacceso di speranza. Accanto a lui, nella cabina, monsignor Edoardo Menichelli, battistrada nel percorso sociale della Chiesa in questo Congresso. L’ovazione è immensa. Accompagnata dalla colonna sonora dei musicisti del coro interdiocesano, un centinaio d’anime che le ferie l’ha passate provando i canti in onore del Papa. Alle dieci passate, la sagoma di Ratzinger, il pontefice affaticato ma forte, è sul palco. Ad accoglierlo, il cardinale Bagnasco.

Che così l’ha salutato: «Padre Santo, invochiamo la sua benedizione per l’Italia che attraversa un delicato momento sociale ed economico; per la nostra gente che ha bisogno della fede come del pane». Quindi l’inizio della messa. Con la bussola della fede orientata su due punti cardinali: lavoro e famiglia. I cavalli di battaglia della Chiesa di Ratzinger. Scanditi dall’incipit della lettera di San Paolo ai Romani: «Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso». Un rinascimento religioso, e allo stesso tempo laico, delle idee. E dell’uomo. Che è al centro nelle parole dell’omelia di Papa Benedetto XVI. Secondo il quale serve una ricetta nuova per «superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione».

Un nuovo faro di sviluppo che metta al centro l’uomo, soprattutto chi ha meno, chi è disagiato. Un capovolgimento di prospettiva che inglobi l’etica, i valori, Dio, perché la «forza del potere e dell’economia» non bastano ad organizzare le societa». Altrimenti all’uomo resteranno «pietre» anziché «pane». Si illude, insiste il Papa, chi pensa di poter mettere da parte Dio. Quindi, la grande sfida: l’11 settembre. La Chiesa ha compiuto un miracolo: capovolgerlo. Da giorno di tragedia a giorno di pace. Il Papa ha ricordato le vittime. E ha fatto appello ai potenti: perché dimentichino l’odio. L’omaggio alla Dorica risuona: «Sei anni fa — ha ricordato Ratzinger — il primo viaggio apostolico in Italia mi condusse a Bari, per il 24esimo Congresso Eucaristico. Oggi sono venuto a concludere il 25esimo, qui ad Ancona. Bari e Ancona, due città sull’Adriatico; due città ricche di storia; due città aperte all’Oriente, alla sua cultura; due città che i Congressi hanno avvicinato». Uno spot senza precedenti per la Dorica. Affrescato dallo spettacolo delle Frecce Tricolori. Un rombo nella piana. Dove l’alba di speranza è diventata luce. Accecante. Quella del giorno. Che per i cassintegrati, forse, da ieri sta per ricominciare.