Ancona, 12 febbraio 2012 - Sul cucuzzolo della montagna la neve è alta così. Come la pazienza. Sepolta da oltre un metro e mezzo di cotone. Che non tappa la bocca ai grappoli di persone imbaccuccate come pupazzi di pezza. Il problema è che non è il cucuzzolo della montagna, ma di colli spelacchiati, a pochi passi dal mare, ai margini della città. Ai margini dei pensieri di chi dovrebbe darsene pena. Il giaccone color verde conforto di Matteo Federici e Simone Belvederesi è l’unica traccia di solidarietà servita su un vassoio alla gente di quassù. Che vede arrivare il «carro armato» bianco dei vigili del fuoco volontari come le cigolanti camionette dei polacchi del generale Anders, agli sgoccioli dell’ultima guerra. Matteo e Simone indicano l’asse, splendido e splendente, ma quando il bolide romba alle falde dei colli, si spalancano le cateratte dell’abbandono: cumuli e cumuli di neve, strade e stradine che hanno per guard rail una muraglia d’oltre un metro e per asfalto una banchisa polare spolverata da altro zucchero pungente. A Passo Varano, anche il Defender arranca e sbuffa.

La radio borbotta soccorsi: croli di neve, alberi sull’asse d’equilibrio e auto ammaccate. E poi un turbinìo di richieste di persone con auto in panne. Brecce Bianche fa quasi buffo chiamarlo così. Stavolta sono bianche davvero, le brecce, quelle che cercano d’aprirsi gli omini che calano dalle case col badile in spalla. Compaiono dietro i cumuli, s’affacciano come se arrivassero i liberatori. Matteo e Simone sono lì, ma con loro altri undici vigili volontari sono sparsi per ogni angolo d’Ancona. Corrono dove e come possono. «A Sappanico una signora è rimasta isolata, con un metro e mezzo di neve. Aveva bisogno di cibo e medicinali. A Brecce Bianche il fuoristrada si fa largo in un budello che poi sfocia in via Crocioni. «Anche una bimba malata aveva bisogno d’aiuto», raccontano Simone e Matteo, col viso puntato al parabrezza. Il «jeeppone» spegne i motori e si ferma a valle, alla Baraccola. Massimo Massacesi non la vuole lunga. Ha un badile in spalla. Tira dritto: «C’è la neve, bisogna spalare e via». Giulio Ripanti è un’altra voce nel gelo: «Guardi, io ho la manutenzione delle caldaie e quindi mi tocca uscire per forza. Non le dico le chiamate. A raffica. Non riesco a stargli dietro». Un’auto inchioda. S’abbassa il finestrino. S’affaccia un ragazzo. Chiede a Simone e Matteo come butta: «Devo raggiungere la mia ragazza. E’ isolata. Che dite, ci arrivo lassù?». Lo stradino che riga i colli di Candia è una specie lunga marcia per le lande imbiancate. Non s’è visto traccia di niente. Qui s’arrangiano con badili, carriole e bobcat di campagna. Giù a testa bassa. E pulire la strada. Maurizio Mosconi non ha aspettato la manna dal cielo: «Noi ci siamo attrezzati come condominio. Abbiamo comprato una turbina».

La buca del diavolo è contrada Calcinara, uno stradino che scivola giù, con la neve che t’arriva fino alle ginocchia. Battuta solo dai fuoristrada che ce l’hanno fatta. Qui una bimba di nove mesi aveva bisogno delle pappe. Gliel’hanno portate, ma a fatica. Fin qui, nel ventre della collina, s’è spinto anche il soccorso alpino. Anna Maria Russiani abita molto giù, in una specie di natural burella. S’affaccia dietro il cancello metallico, sbarrato dalla neve. «Come facciamo a muoverci? Semplice: non ci muoviamo. Mio marito va a piedi a lavorare». In strada non s’è visto nessuno del Comune. Valentino Gardini non si rassegna: «Qui facciamo da soli. Ci organizziamo come possiamo». Il fotoreporter del Carlino, Bobo Antic, si sbraccia a una ventina di metri dal mezzo di Matteo e Simone. Paolo Penna, in tuta, e gli uomini di Candia lavorano sodo. L’avevamo scambiati per cantonieri, ma Antic l’ha immortalati nell’immagine e nel pensiero. Penna indica la strada e il bobcat che lavora alle sue spalle: «Guardate, questa è una strada comunale che è rimasta così per tre giorni. Noi abbiamo questa ruspetta e ce la liberiamo da noi. Non è possibile». Attorno ci sono mamme con figliuoli, bardati fino agli occhi. Penna è diretto: «Qui ci sono trentadue famiglie bloccate da ieri sera». Rombano i motori delle turbine fai da te. Poi il fruscìo dei colpi di badile nella neve. Gli uomini hanno tirato fuori dai garage le tute del giardinaggio e da meccanico. Chini a lavorare. E non passa anima viva. Matteo e Simone battono casa per casa. «Se avete bisogno, chiamateci». Infilano il muso della jeep ovunque. Ma il cielo è bianco e impassibile. E cova un’altra beffa. La piccola repubblica di Candia se ne sta lassù, isolata. Sul cucuzzolo della montagna. Con la neve ancora alta così.