Ancona, 8 marzo 2012 - QUANDO si sono operati, pensavano di aver messo la parola fine alla loro sofferenza. Ma ora si ritrovano davanti il rischio di un nuovo travaglio di esami, interventi chirurgici e riabilitazione. Sono 22 a detta dell’Asur, i soggetti a cui l’Ortopedia dell’ospedale civile di Jesi ha impiantato protesi d’anca della De Puy, (azienda del colosso americano «Johnson & Johnson»), rivelatesi difettose tanto che la stessa azienda nel 2010 ha comunicato la necessità di ritiro dal commercio. «Ma al Tribunale del Malato — riferisce il presidente, Pasquale Liguori — sono approdate alcune persone che presentavano dei disturbi e che dopo aver richiesto di accedere alle cartelle cliniche, come da noi consigliato, hanno constatato come fosse stata loro impiantata proprio una protesi De Puy, anche l’anno scorso. Per questo procederemo con i nostri legali alla richiesta di risarcimento danni.
La De Puy si è detta disponibile a coprire le spese del nuovo intervento ma noi diciamo che ciò non può bastare. Abbiamo investito della questione l’Asur — spiega Liguori — invitandola a contattare i pazienti a cui sono state installate le protesi, così come disposto dalla direzione generale dei Dispositivi Medici per sottoporli sia ad esami del sangue per la ricerca del cromo e cobalto, sia per una ecografia». E ieri l’Asur (Area vasta 2) replicava: «I pazienti interessati al riguardo sono complessivamente ventidue. Tutti gli interessati sono già stati avvertiti con lettera raccomandata e invitati a rivolgersi al reparto ospedaliero per i controlli del caso». Poi la precisazione che cozza però con la denuncia del Tribunale del Malato: «Ben prima che la società De Puy rilevasse problemi nelle proprie protesi d’anca prodotte, l’Ortopedia di Jesi già non impiantava più tale dispositivo». Ma Liguori dall’altra parte incalza: «La De Puy già ad agosto 2010 aveva inviato alle strutture sanitarie, ai medici e agli organismi istituzionali preposti di tutto il mondo, Italia compresa, una nota di richiamo nella quale evidenziava un tasso di difetto troppo alto delle protesi impiantate tra il 2003 e il 2010 comunicando quindi la necessità di ritiro delle stesse dal commercio (perché si sarebbero verificati scollamenti di componenti, sacche di liquido, spostamento e dolore, ndr). Perché allora poi non sono state ritirate e si è continuato anche negli anni successivi a impiantarle? A chi si deve imputare tale mancanza? A queste risposte cercheremo di dare un seguito di carattere legale». Infine l’invito «a tutti coloro che hanno subito un intervento di protesi d’anca a verificare se nella propria cartella clinica sia stato indicato il tipo di protesi installato e poi di contattarci per seguire l’evolversi della vicenda».