Ancona, 4 aprile 2013 - Sono oltre duemilatrecentoquindici le mamme lavoratrici che nel quadriennio 2009-12 hanno lasciato il lavoro durante la gravidanza o subito dopo la nascita di un figlio nelle Marche, di cui 565 nel 2012. Dati particolarmente preoccupanti in questo momento di crisi economica e occupazionale.

Secondo i dati forniti dalla Direzione Regionale del Lavoro ed elaborati dalla CGIL Marche, nel 2011, 565 lavoratrici si sono dimesse “volontariamente” nel primo anno di vita del bambino, che la legge 92/2012 ha esteso fino ai primi 3 anni di età del figlio, andando a convalidare le dimissioni alla Direzione Provinciale del Lavoro. Ad esse si aggiunge il numero, difficile da quantificare, delle mamme lavoratrici non tenute alla convalida delle dimissioni alla Dpl, per non parlare delle tante lavoratrici precarie per le quali la maternità significa spesso la perdita di ogni speranza di rinnovo del contratto. Alle madri si aggiungono poi anche 22 padri lavoratori per un totale di 587 dimissioni nel 2012.

Si tratta di dati preoccupanti soprattutto in questo momento di crisi che penalizza particolarmente le donne. Infatti, anche nella nostra regione permane una situazione di forte incertezza nel mercato del lavoro; secondo i dati dell’Istat, nel terzo trimestre del 2012, il tasso di disoccupazione femminile ha raggiunto la quota record dell’11,9%: il valore più alto mai registrato finora, con 37 mila donne in cerca di lavoro (5mila in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Inoltre, a seguito di crisi aziendali, nel 2012 sono state licenziate e iscritte nelle liste di mobilità 5.542 lavoratrici marchigiane, pari al 42% del totale iscritti.

Ma chi sono le lavoratrici che lasciano il lavoro alla nascita di un figlio, soprattutto in questo momento nel quale un posto di lavoro è tanto prezioso? La maggior parte delle donne è abbastanza giovane con un’età (64,6%) e ha almeno un figlio o comunque presenta le dimissioni dopo la nascita del primo bambino (56,4%) o del secondo (31,9%).

Le imprese dalle quali le lavoratrici provengono sono prevalentemente di piccole e piccolissime dimensioni, quasi sempre non sindacalizzate e dove è maggiore il senso di isolamento e la solitudine della lavoratrice: i due terzi delle aziende che le donne lasciano quando nasce un figlio ha meno di 15 dipendenti (69,0%)e il 19,1% ha tra 16 e 50 dipendenti.

Tra i motivi della scelta di lasciare il posto di lavoro prevalgono le difficoltà connesse alla presenza, agli orari e ai costi e ai servizi: per la maggior parte delle donne la mancanza di posti nell’asilo nido, o comunque il mancato accoglimento del neonato al nido, rende incompatibile l’occupazione lavorativa e l’assistenza al bambino (25,2%). Di poco inferiore la percentuale di coloro che lasciano il lavoro non potendo contare sull’assistenza al neonato neanche da parte di una rete parentale di supporto (24,9%).

Significativo anche il numero delle donne che lascia il lavoro a causa degli elevati costi dei servizi di assistenza al bambino per asili nido, baby sitter, ecc. (8,2%) o per la mancata concessione del part time da parte dell’azienda (4,6%).

Il 10,9% delle lavoratrici si dimette per passare ad altra azienda. Ma poi c’è anche un 22,0% di donne che lascia il lavoro per dedicarsi interamente alla famiglia e in particolare alla cura dei figli.