Karim, la guerra all'Isis chiama. "E' andato a liberare Raqqa"

Intervista a Nicola Mancini, portavoce di 'Arvultùra' e amico del ragazzo di Senigallia ripartito per combattere il Califfato

Karim Franceschi guida una brigata internazionale per liberare Raqqa

Karim Franceschi guida una brigata internazionale per liberare Raqqa

Senigallia (Ancona), 30 dicembre 2016 - Karim ha lasciato la mamma, gli amici, la fidanzata ed è tornato a combattere il Califfato. Il papà, ex partigiano, l’ha perso molti anni fa. Nell’aprile 2015 era tornato nella sua Senigallia giurando che sarebbe ripartito, ma solo per una missione umanitaria, invece è tornato e punta a liberare Raqqa. Alla guida della brigata internazionale c’è proprio lui, 27 anni e l’esperienza di avere partecipato alla liberazione di Kobane. Non ha mai negato di avere paura, come non ha mai nascosto di essere stato salvato da una donna («Sono loro le migliori combattenti»). Ha raccontato la sua esperienza in un libro, «Il Combattente», l’ha raccontata davanti alle telecamere dei vari palinsesti e poi, il desiderio di tornare e presa la decisione ha raccolto gli amici e gli ha detto: «Parto, alla liberazione di Raqqa devo esserci». A raccontare Karim è Nicola Mancini, 36 anni, portavoce e suo compagno di militanza nel Centro Sociale Arvultùra.

Da quanto tempo non sente Karim?

«L’ho sentito poco fa, mi ha detto di acquistare un giornale dove parlavano di lui».

Come comunicate?

«Via WhatsApp, quando può mi manda un messaggio, cerchiamo di tenerci in contatto. Credo che abbia la possibilità di farlo quando si trova in qualche campo militare dove c’è connessione wi fi».

Come vive questa sua esperienza?

«Con estrema tranquillità. Questa è la quarta volta per lui, la prima era andato per una missione umanitaria, le altre due per combattere il Califfato».

E la sua fidanzata, come lo vive?

«Con orgoglio e tranquillità».

Da quanto tempo stanno insieme?

«Parecchi anni, ormai anche per lei rientra nella normalità, Karim è anche questo. Al suo ritorno nel 2015 aveva detto che sarebbe ripartito, ma solo per una missione umanitaria. Quando si vivono esperienze così forti, è difficile staccarsene. Ha visto gente, amici morire».

E’ stata una decisione che ha preso in autonomia o ne ha parlato con qualcuno?

«Lo conosco da tanto tempo, avevo capito che voleva tornare, poi un giorno mi ha detto: ‘Parto, voglio partecipare alla liberazione di Raqqa’. Noi, come centro sociale, ci siamo sempre occupati di dare supporto politico alle sue scelte, di raccontare le sue esperienze, di portare la voce di chi vive la guerra».

Come si spiega questa scelta?

«Il livello di confronto e scontro politico non è quello che c’è in Italia, Karim ci ha più volte detto che si sente legato a quella dimensione e vuole dare il suo contributo alla lotta di liberazione. E questa volta c’è la possibilità di dare scacco matto all’Isis».

Ha mai pensato di fermarlo?

«No, è la scelta della sua vita e io la rispetto».

Sa dove si trova?

«Assolutamente no, sono informazioni che non abbiamo».

Non sa nemmeno quando tornerà?

«Questo sì, anche se non abbiamo una data, ma rientrerà non appena avrà liberato Raqqa».

Lei lo conosce bene, cosa pensa lo abbia spinto a diventare un combattente?

«E’ figlio di un partigiano, suo padre lo ha avuto molto tardi. Sente il dovere di difendere la libertà, la brigata di cui è a capo ha questo scopo».

Non solo per la sua fidanzata, ma forse anche per il vostro centro sociale tutto questo è motivo di grande orgoglio.

«Certo che sì. Credo che sia importante sottolineare che è capo della brigata internazionale e che come lui anche altri ragazzi arrivano dai centri sociali. Un eroe dei tempi moderni... Un eroe vero. Karim è andato a combattere l’Isis, non l’ha incontrato per caso. Karim non difende la libertà con un post su Facebook, Karim ha rimesso a rischio la sua vita per la libertà».