Elezioni regionali, Marche alle urne: la guida al voto

Ecco le regole e i candidati: seggi aperti dalle 7 alle 23. Poi lo scrutinio

Urne elettorali (foto d'archivio ANSA / GIORGIO BENVENUTI)

Urne elettorali (foto d'archivio ANSA / GIORGIO BENVENUTI)

Ancona, 30 maggio 2015 - Conto alla rovescia per le elezioni regionali. Domani i marchigiani sono chiamati alle urne per scegliere uno dei cinque candidati. Il voto, che alcuni contestano perché a cavallo del ponte del 2 giugno, ha sulle spalle l’incubo della poca affluenza, ma è lo stesso voto voto con cui si dovrà scegliere il candidato a presidente di Regione e i rispettivi consiglieri. Nel 2010 il centrosinistra vinse con il 53,17% eleggendo per il secondo mandato consecutivo proprio Spacca, che in questa tornata si presenta per la coalizione opposta.

Il voto potrà essere espresso nella sola giornata di domenica, dalle 7 alle 23. Sono elettori tutti i cittadini che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età entro il giorno della elezione. È importante ricordare che i cittadini che hanno trasferito la loro residenza nelle Marche da un'altra regione dopo la data del 13 aprile non potranno votare qui ma dovranno recarsi nel Comune di provenienza, sempre che vi siano elezioni amminisitrative e/o regionali indette.

Il numero del seggio è indicato nella tessera elettorale. Ovviamente, per votare, oltre alla tessera, si dovrà avere anche il documento d’identità. Per quanto riguarda le ‘istruzioni’, non sarà possibile il voto disgiunto, quindi non si potrà votare un simbolo e scrivere il nome di un candidato appartenente a un’altra lista o a un altro partito. 

 

I candidati

Cinque i candidati alla presidenza con Gian Mario Spacca, governatore uscente, che per la sua terza candidatura ha deciso di cambiare casacca. Nato politicamente nelle file del Pd, per le prossime regionali sarà sostenuto dalla lista Marche 2020, ma anche da Forza Italia e DC. Per il centrosinistra invece c'è Luca Ceriscioli del Partito Democratico, appoggiato anche da Popolari Marche-Udc e Uniti per le Marche. Il Movimento 5 Stelle propone Gianni Maggi. In lizza figurano anche Edoardo Mentrasti, sostenuto da Altre Marche-Sinistra Unita, che unisce Sel, Rifondazione Comunista, PCI e Altra Europa con Tsipras, ed infine Francesco Acquaroli, che viene supportato da Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale e Lega Nord.

La nuova avventura politica del governatore uscente ha caratterizzato l'intera campagna elettorale: sul nome di Gian Mario Spacca, Marche 2020 ha subito trovato un accordo con Alleanza popolare, la nuova aggregazione tra Ndc e una parte consistente dell'Udc, quindi con Forza Italia e con la Dc. Della sfida con suoi ex alleati di governo, il presidente uscente dice: "E' un referendum sul futuro delle Marche, tra noi e loro".

Loro sono il Pd e Luca Ceriscioli, ex primo cittadino di Pesaro, che punta a essere 'il sindaco delle Marche'. Sulla carta ha il sostegno di tutto il partito, che però, prima con l'elezione del segretario regionale e poi con le primarie, ha affrontato un periodo di forti divisioni interne. A sostenerlo sono arrivati quasi tutti i membri del governo e, per ultimo, ieri, il premier e segretario dem Matteo Renzi. Ceriscioli è il favorito per la poltrona di governatore, ma in una regione rossa come le Marche una scarsa affluenza al voto lo penalizzerebbe.

La sinistra radicale, rappresentata da Altre Marche-Sinistra Unita, propone Edoardo Mentrasti come "alternativa alle politiche del Pd". Ha solide radici nel Pci, poi Pds, quindi nel Prc e infine in Sel, dove è stato coordinatore regionale Sel, e un passato da assessore regionale all'Ambiente e ai Trasporti. Tra i punti del suo programma ci sono la riforma della sanità, l'introduzione del reddito sociale, nuove leggi per la partecipazione politica.

A sostenere Francesco Acquaroli, sindaco di Potenza Picena, ex consigliere regionale, espressione di Fdi-An, si sono mossi sia la leader del suo partito, Giorgia Meloni, che Matteo Salvini, numero uno della Lega Nord, le cui presenze nelle Marche hanno spesso scatenato contestazioni e tensioni. I temi condivisi da questa inedita aggregazione sono la lotta all'immigrazione e la sicurezza nelle città, ma anche l'avversione contro "due candidati di sinistra (Ceriscioli e Spacca, ndr), che hanno depresso le Marche".

A 68 anni, Gianni Maggi è l'uomo nuovo della politica marchigiana: comunicatore professionista, con un passato in alcune multinazionali della grande distribuzione, ha vinto le 'regionalie' del M5s, con 200 click su un totale di poco meno di 1.500. Numeri piccoli, ma diversi da quelli registrati nelle piazze e che gli hanno fatto dire che, "dopo i comuni, è il momento di mettere il naso nel tempio opulento, esclusivo e potente della casta: la Regione Marche". 

 

Il peso delle province

Sono chiamati al voto 1.297.459 elettori marchigiani, dei quali 627.386 uomini e 670.073 donne. La provincia di Ancona porterà alle urne il maggior numero di cittadini: 189.792 uomini e 204.863 donne; seguono Pesaro e Urbino (144.402 uomini e 151.684 donne), Macerata (134.397 uomini e 144.452 donne), Ascoli Piceno (87.502 uomini e 93.100 donne) e Fermo (71.293 uomini e 75.974 donne). Complessivamente, gli elettori della provincia di Pesaro e Urbino rappresentano il 23% del corpo elettorale, quelli di Ancona il 30%, quelli di Macerata il 21%, l'11% quelli di Fermo e il 14 % quelli di Ascoli Piceno.

 

Il sistema elettorale

Il presidente della Regione sarà eletto direttamente con il sistema maggioritario e potrà governare al massimo per due mandati. Il consiglio regionale, invece, è eletto con un sistema proporzionale corretto con un premio di maggioranza. I seggi scendono da 42 della precedente assemblea a 31: uno va al presidente eletto, uno al candidato sconfitto con più voti; se la coalizione vincente raggiunge o supera il 40% dei consensi guadagnerà 18 seggi, che scendono a 17 tra il 37% e il 40% o a 16 con un risultato pari o superiore al 34% e inferiore al 37%; sotto il 34%, i seggi verranno assegnati in base a un criterio proporzionale e il presidente eletto dovrà cercarsi una maggioranza in consiglio.

Per le coalizioni è prevista la soglia di sbarramento al 5% su base regionale, a meno che siano composte da almeno un gruppo di liste che ha ottenuto più del 3% del totale dei voti espressi a favore delle liste.