Bimba uccisa dal padre, il male di Giustini viene da lontano. La psicosi dipende da fattori esterni

Sulle sostanze dopanti il prof Gaetti: "Possono alterare la psiche"

Luca Giustini con la sua famiglia

Luca Giustini con la sua famiglia

Ancona, 28 agosto 2104 - Sono trascorsi ormai più di 10 giorni da quel terribile piomeriggio del 17 agosto, quando il delitto di Collemarino balzò tra le prime notizie di cronaca in Italia per la sua efferatezza. Ma ancora oggi gli echi della vicenda non si sono spenti. Anzi, gli interrigativi del primo momento sono rimasti intatti: è possibile che Luca Giustini, un irreprensibile ferroviere, gran lavoratore e padre di famiglia, sia impazzito tutto d’un botto e sia stato capace di uccidere la figlioletta di un anno e mezzo a coltellate? Se è vero, come lui stesso ha detto davanti al Gip che stava male da una decina di giorni, come è possibile che questo suo stato depressivo non sia stato colto appieno da chi gli stava accanto? Come ha fatto a condurre una vita apparentemente normale con quei disturbi, come ha potuto lavorare fino a poche ore prima del delitto?

 

Proseguono gli accertamenti dei carabinieri di Ancona per chiarire i dettagli del delitto di Collemarino, dopo che Luca Giustini, macchinista di 34 anni, ha confessato di aver ucciso, in preda ad un delirio, la figlioletta Alessia, di appena 18 mesi. Giustini è difeso dall’avvocato Alessandro Scaloni e nei giorni scorsi anche la moglie Sara Bedini, come parte offesa, ha nominato un legale, l’avvocato Maila Catani, che dovrà curare gli interessi anche della primogenita del ferroviere di Collemarino. I carabinieri in questi giorni hanno ascoltato le persone più vicine a Giustini, per cercare di capire in che arco temporale si sia sviluppata la sua psicosi e se possa essere dipesa anche da fattori esterni. Vanno in questa direzione anche gli accertamenti grafologici sugli scritti deliranti del ferroviere, che ha detto di aver trascritto in 10 fogli i messaggi arrivati da una voce immaginaria, oltre all’attività del computer e dello smartphone, con cui negli ultimi giorni consultava siti legati al paranormale.

Risposte cruciali si attendono dagli esami tossicologici cui è stato sottoposto Giustini: il giovane potrebbe aver assunto sostanze per migliorare le sue prestazioni atletiche (frequentava regolarmente una palestra) conteneti anche eccitanti. Resta da capire se l’assunzione di sostanze dopanti o anabolizzanti, in generale, possa influire sulla psiche di chi le assume. Lo abbiamo chiesto al dottor Remo Gaetti, ex presidente e medico dell’Ancona Calcio, che vanta tra le specializzazioni anche quella in medicina dello sport: nel corso della sua carriera il dottor Gaetti ha avuto modo di approfondire in più occasioni gli effetti derivanti dall’assunzione di sostanze dopanti e anabolizzanti.

«Premetto che non conosco il caso di Collemarino – precisa il dottor Gaetti – e posso solo parlare in linea generale degli effetti che certe sostanze possono produrre. Avendo fatto medicina dello sport mi è capitato spesso di approfondire questi aspetti nel corso della mia carriera. Entrambe le sostanze sono proibite in ambito sportivo, ma anabolizzanti e dopanti hanno effetti completamente diversi. I primi intervengono sul metabolismo delle proteine e potenziano la muscolatura, i secondi sono eccitanti, come ad esempio le anfetamine, che erano molto utilizzate diversi anni fa soprattutto da ciclisti e corridori. Mi vengono in mente, tra gli altri, Bartali e Coppi. Tanto gli anabolizzanti, quanto le sostanze dopanti sono pericolosi per la salute, ma mentre gli anabolizzanti possono far insorgere tumori, gli eccitanti come le anfetamine possono alterare la psiche anche in modo permanente, specie se assunte con continuità ed in dosi elevate».