Parà ucciso, il nipote di Mandolini si appella a Mattarella

Parla il parente del parà ucciso: “Troppa omertà dalla Folgore, i resti potrebbero parlare. Riesumate la salma di mio zio”

Marco Mandolini

Marco Mandolini

Ancona, 13 febbraio 2016 - Nome Marco, cognome Mandolini, nato a Loreto il 7 agosto del 1994: è il nipote di Condor Mike, nome in codice di Marco Mandolini, l’incursore del Col Moschin, massacrato il 13 giugno del 1995. Il nipote è uno dei familiari che sta portando avanti la battaglia per conoscere la verità sulla morte del militare. Uno zio che ha abbracciato solo un paio di volte prima che il caposcorta del generale Bruno Loi fosse ucciso a Livorno. Da Marco Mandolini junior arriva l’appello alla massima carica dello Stato, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, affinchè interceda per la riesumazione della salma sepolta a Castelfidardo.

Perché per lei e per la sua famiglia è così importante riesumare la salma?

 

«Il mio cuore pensa che quei resti siano dello zio, ma in alcuni momenti mi viene il ragionevole dubbio che potrebbe non essere lui perché in questi venti anni è stata e purtroppo è ancora molta l’omertà sull’autore del delitto. La mia famiglia non ha avuto la possibilità di riconoscerlo. Mi inquieta una circostanza: perché non acconsentire a questa richiesta? E nella convinzione che la salma sia di mio zio, magari con le nuove tecniche si potrebbero scoprire elementi nuovi utili per l’individuazione dell’omicida».

Lei è molto giovane che idea si è fatto sul giallo della Scogliera?

 

«Penso che ad uccidere mio zio possa essere stato solo un Rambo come lui e che dovesse avere un motivo forte da rischiare e mettere a repentaglio la vita. Un movente non banale come potrebbero essere alcune piste che sono state seguite. Sono convinto che qualcuno sappia e che non ha parlato per omertà. Stimo la Brigata Folgore, ma non è stata collaborativa, ha innalzato un muro di gomma. Grazie al lavoro dei carabinieri e della Procura sono fiducioso che si possa arrivare alla soluzione. Mi dispiace che i miei nonni non ci siano più, per loro è stato difficile accettare la morte dello zio senza sapere chi lo ha ucciso».

Cosa ricorda di lui?

 

«Ero molto piccolo quando è stato ucciso. Ma ricordo un grande abbraccio e porto sempre il bracciale che mi ha regalato quando sono nato. Una delle poche cose che è rimasta di lui come il suo basco».