Fabriano (Ancona), 9 dicembre 2013 - INIZIATO il referendum (con voto a scrutinio segreto) per i lavoratori Indesit chiamati a pronunciarsi sull'eventuale accordo con l'azienda per il nuovo piano industriale. Il via alle 15 per consentire di esprimersi anche a chi effettua il turno pomeridiano e quello notturno. Alle 15,30 di domani, invece, lo stop alla consultazione e l'immediato spoglio per conoscere il parere dei lavoratori.

Tutti i 4.300 dipendenti hanno diritto al voto che viene effettuato all'interno della totalità dei plessi Indesit. Di questi ben cinque sono a Fabriano (Melano e Albacina per gli operai, sede centrale, Wrap di via Corsi e sportello di via Campo Sportivo per impiegati e ricercatori), dove si contano circa duemila lavoratori, metà dei quali operai.


In caso di successo dei sì, già nei prossimi giorni verrà effettuato un ultimo incontro in Ministero per firmare la definitiva intesa tra le parti che prevede per cinque anni su scala nazionale zero licenziamenti e ammortizzatori sociali (un anno di cassa integrazione straordinaria, poi quattro di contratti di solidarietà) fino al 31 dicembre 2018.


Divisi i sindacati: Cisl e Uil chiedono l'assenso ai lavoratori, la Cgil preme per il fronte del no. “Non c'è dubbio – spiega il segretario provinciale Fim-Cisl, Andrea Cocco - che il piano industriale attuale è molto diverso da quello del 4 giugno. E non solo perché allora si parlava di 1,400 esuberi e del sito fabrianese di Melano in chiusura, mentre ora per cinque anni non si ricorre a licenziamenti i l'unità produttiva resta operativa. I 43 milioni di euro di investimento su Fabriano, di cui 12 proprio a Melano sono un segnale importante in termini di progetto e prospettiva”.

Totalmente diverso il pensiero della Fiom-Cgil i cui esponenti Fabrizio Bassotti e Giuseppe Ciarrocchi evidenziano come “all'atto pratico nel progetto industriale ben poco è cambiato. Al di là delle cifre, la sostanza è che si va verso uno smantellamento delle produzioni in Italia. Melano e Teverola faranno la stessa fine di Refrontolo, Brembate e None, dove dopo una lenta eutanasia si è arrivati all'inevitabile chiusura e purtroppo così succederà anche qui con le produzioni già in partenza per le nazioni low cost, in primis la Polonia”.

Alessandro Di Marco