Ancona, 24 dicembre 2013 - DOPO CADE’, Ancona sportiva piange un altro monumento biancorosso. Se n’è andato ieri Italo Castellani, in punta di piedi, come suo costume di vita. Infarto, aveva 75 anni. La donna delle pulizie nella tarda mattinata l’ha trovato esanime sul divano di casa a Riccione. Indossava una tuta sportiva, non poteva essere altrimenti dopo una vita dedicata al calcio. Direttore sportivo dell’Ancona per una decina di stagioni, con brevi intervalli, è stato uno dei personaggi più amati. Difficile non essere suo amico, ancora di più parlare male di lui, perché oltre che essere bravo era cordiale e disincantato. Capace di stemperare qualsiasi tempesta con un sorriso. Ha legato il proprio nome a due storiche promozioni: il ritorno in B con Cadè in panchina nel 1988 dopo 37 anni, e soprattutto la conquista della prima serie A nel 1992 con Guerini allenatore. Un mito. Ha vinto un po’ dappertutto.

LA SUA carriera: giocatore di Cesena, Vis Pesaro e Pisa, allenatore a Pesaro, ds a Fano, Francavilla, Ancona, Empoli, di nuovo Ancona, Padova, Ravenna, Napoli (con Ferlaino) e Riccione. Ad Ancona lo portò Maiani alla fine dell’1983, quando voleva ricomporre con Mascalaito l’accoppiata dei miracoli al Fano, dove Italo aveva firmato un’altra promozione anche con Bagnoli. Ma Gigi se ne scappò a Modena e la coppia non si ricompose. Prese Marchioro in panchina, ma intanto l’Ancona era diventata di proprietà di Longarini che l’anno dopo gli preferì Spirito con Valdinoci allenatore. Italo fu richiamato appena in tempo per salvare con Cadè un’Ancona alla deriva.

 

La stagione dopo la grande impresa con tutti giocatori portati da lui: Bruniera, Fontana, Deogratias, Tacchi, Talevi e Vettore. Una cavalcata di gran calcio. Due anni dopo la scelta di Guerini in panchina: era finita l’era Cadè. Piano piano prese corpo una grande squadra, capace di dare l’assalto a una serie A mai vista. Il 7 giugno 1992 l’Ancona toccò il Paradiso al Dall’Ara e Guerini, che non aveva vinto mai niente, prima di correre sotto la curva, gli pianse a lungo sulla spalla. In A tentò colpi di fortuna con Detari, Zarate, Ruggeri, non poteva bastare solo Condor Agostini là davanti. Ma l’Ancona non ce la fece. Ancora un anno in B e poi la separazione, quando Longarini giurò di vendicarsi di Ancona. Sul piano umano era unico nei rapporti. Specie con i giornalisti. l’Ancona andava a Napoli? Lui organizzava un vaporetto per Capri, poi tutti allo stadio. Le cene di lavoro servivano per sentire le campane, ma poi faceva di testa sua. Come quando prese Detari. Tutti contro il magiaro, lui duro. «Ci farà gol importanti». Li fece: Ancona non scorda come stese l’Inter all’inaugurazione del Conero, ma poi Lajos svuotò le cantine.

 

Beffardo (unica volta) quando prese Oscar Ruggeri, capitano dell’Argentina, fratello carnale di Maradona. Italo aveva un grande pregio. Non dava mai una notizia, ma di fronte all’evidenza ammetteva. Quella volta negò recisamente di Ruggeri. Poi lo prese: «Non potevo dire sì, il Bayern mi aveva appena soffiato Helmer, il capitano della Germania. Perdonatemi».

Mario Cori