Ascoli, l'errore di Cacia non deve diventare un alibi / FOTO

Accontentarsi del pari a Latina potrebbe essere stato un atteggiamento di cui pentirsi

Daniele Cacia (Lapresse)

Daniele Cacia (Lapresse)

Ascoli, 30 aprile 2017 - E' sbagliato, tremendamente sbagliato, confinare la delusione del pomeriggio al Francioni di Latina solo ed esclusivamente sul metro quadrato in cui Daniele Cacia ha fallito la più clamorosa palla gol tra le palle gol "della vita" della storia recente bianconera. Quello del 21 piceno è stato un errore. Clamoroso. Mastodontico. Ingigantito dalla gigantezza di chi l'ha commesso. Cacia è sempre stato uno che ha parlato chiaro e, più che le parole, ha lasciato parlare i fatti. Che nel suo lavoro sono i numeri. Sono le volte che il suo nome è finito sul tabellino e non solo. Basti ricordarsi di quel che è accaduto solo cinque giorni prima, quando sull'1-0 contro l'Avellino e in piena corsa per andare a realizzare la doppietta verso la porta irpina, ha servito da leader ad Orsolini l'assist per il gol che ha chiuso la partita. Daniele Cacia è un bomber, un leader ed uno che dal primo istante dopo il suo clamoroso errore ha capito quanto pesasse. Per questo, a nostro avviso, chi oggi dà contro l'attaccante di Catanzaro, ottiene solo due cose: la prima, perde tempo. Perché uno come Daniele Cacia non si lascia condizionare da una frittata del genere, specie quando mancano tre partite alla fine del campionato. La seconda, crede di "aiutare" la sua squadra del cuore con la famosa "critica costruttiva" perché "da noi abbiamo contestato gente come Casagrande, Bierhoff, Campanini, anche Rozzi e Mazzone quando serviva. Figuriamoci se non può esserlo Cacia".

Ecco, chi dice (pardon, scrive, perché le critiche oggi quasi nessuno te le fa in faccia, ma te le scrive sperando di innescare chissà quale contraddittorio) questo forse dà al suo ego un po' di benzina per proseguire la strada fino al 18 maggio. Ma finisce lì. E, a nostro avviso, ottiene il nulla. Quello che preoccupa, dopo il pari ad occhiali di Latina, è che a tre partite dalla fine l'Ascoli di Aglietti non ha ancora chiare le gerarchie in campo e fuori. Non ha chiaro cosa debba fare in campo un giocatore per evitare la "sostituzione ad orologio". Non ha chiaro che ieri, il pareggio, è un risultato con lo stesso valore della sconfitta, perché sei dentro alla palude, non sei sopra la palude e fai calcoli per evitare di finirci. Per questo motivo tanto valeva provare a vincerla, fino alla fine, buttando il cuore oltre l'ostacolo, la partita di Latina. Oggettivamente, più che per l'errore di Cacia, ancora dobbiamo trovare una spiegazione sul cambio Lazzari-Orsolini, specie quando ci sono Gatto e Bentivegna in panchina. E ammesso che stavolta "Orso" meritasse di tornare in panca. Ecco. A tre giornate dalla fine, un cambio del genere, quello sì che mette "tensione". Per fortuna è solo il passato, un passato da dimenticare in fretta. Per tutti.