Ascoli-Venezia 3-3, l'insegnamento di Favilli e Carpani

I due protagonisti del 3-3 col Venezia non si sono arresi ed hanno permesso ai bianconeri di giocarsela fino alla fine con la compagine di Pippo Inzaghi

L'esultanza di Favilli (LaPresse)

L'esultanza di Favilli (LaPresse)

Ascoli, 14 ottobre 2017 - Dovremmo essere tutti un po' Andrea Favilli e Gianluca Carpani. Nel modo in cui si segue la propria squadra di calcio, in questo caso l'Ascoli, e nella vita. Il pari carico di emozioni col Venezia che lascia aperto ogni discorso di classifica, infatti, regala al pubblico e agli appassionati di calcio due o tre istantanee bellissime, che andrebbero gelosamente custodite. Partiamo da Carpani: in diversi, nell'ambiente vicino al Picchio, non considerano Gianluca un "titolare da B". Eppure lui, quei giudizi, li scaccia via. Si allena. Dà sempre tutto quel che ha. Continua la sua semplice vita da semplice ragazzo di Ascoli, cresciuto nell'Ascoli, che per sfondare nell'Ascoli ha dovuto superare tanti ostacoli (primo tra tutti lo stereotipo di "non essere da Ascoli") e tanti altri ne supererà. Ignorando gli scetticismi e concentrandosi sul campo. Sui chilometri da fare. Sulle posizioni da occupare e, piano piano, su come migliorare anche il suo rapporto col tocco di palla. Già a Salerno aveva avuto l'occasione, oggi ha timbrato il cartellino di quelli che in B possono non solo giocarci, ma segnare, essere decisivi in zona gol, riprovarci e andare sotto la curva (e che Curva, con la "C" maiuscola!) baciando la maglia. Perché magari da qualche settore non si è visto, ma l'immagine di quel gesto è un'eredità da lasciare ai posteri. Il bacio allo stemma dell'Ascoli Picchio che un giovane come tanti del nostro territorio, di quelli che trovi la domenica mattina alla messa ad Offida (per dire l'ultima volta che l'abbiamo incontrato in una situazione "di vita") mano nella mano con la sua Michela, dà alla maglia della squadra che ha sempre amato, sin da piccolo. Per questo, nella vita e nel seguire l'Ascoli, dovremmo essere tutti un po' Gianluca Carpani. E dovremmo essere tutti, un po', Andrea Favilli. Quando l'ariete di San Giuliano ha inseguito con rabbia quel pallone che poi Audero gli ha regalato, permettendogli di andare a festeggiare la doppietta, ci ha dimostrato ancora una volta che l'Ascoli e Ascoli gli sono entrati nel dna. Inseguire i propri obiettivi con rabbia e fame, ovvero quello che ha portato una piccola città del centro Italia ad essere conosciuta e riconosciuta soprattutto per il calcio, il suo calcio. Ha dimostrato grande foga, una foga che il giovane dovrà contenere. Perché il secondo giallo, per un'entrata del tutto inutile, sarebbe stato giusto e sarebbe arrivato dopo un cartellino preso gratuitamente per essersi tolto la maglia. Ma non abbiamo voglia di polemizzare o dare insegnamenti. Oggi è Favilli ad averci insegnato, se siamo capaci di accoglierlo, che se sei nell'Ascoli devi lottare fino all'ultimo secondo, all'ultimo pallone, inseguirlo fino all'ultimo centimetro. Dovremmo essere tutti un po' Favilli e un po' Carpani nella vita. Perché il campionato è ancora lunghissimo e di gente come loro, c'è bisogno eccome...