Carnevale, oggi il Bove finto a Offida. I versi del sindaco un anno dopo

Lucciarini si affida a una poesia: "Sei umano e puoi anche sbagliare"

La consegna delle chiavi alla congrega dell’Aquila nel teatro Serpente Aureo

La consegna delle chiavi alla congrega dell’Aquila nel teatro Serpente Aureo

Offida, 9 febbraio 2018 - Un inizio di Carnevale emozionante quello andato in scena a Offida, che oggi è pronta per il gran giorno del Bove finto. Nel teatro Serpente Aureo, pieno di persone, si è tenuta la tradizionale consegna delle chiavi che quest’anno sono andate alla congrega dell’Aquila. Sul palco è apparso solo il sindaco Valerio Lucciarini, in abito nero, senza guazzarò con il tricolore che si indossa solitamente a Carnevale.

Un Lucciarini che si è seduto sulla scalinata di accesso al palco e si è messo a nudo di fronte ai suoi cittadini. Voce ferma, tradita solo dal tremolio delle mani. Un tremolio di quelli che hanno a che fare con le più intime inclinazioni della natura umana. « ...E mentre il giorno dopo guardi chi puoi soltanto amare. Ti accorgi che sei umano e che puoi anche sbagliare». E’ solo uno dei passi con cui il sindaco, dopo i fatti accaduti lo scorso anno al Bove finto (VIDEO) e tutto ciò che ne è seguito, ha voluto riflettere con i suoi concittadini che lo hanno accolto tributandogli un applauso degno delle grandi occasioni.

Secondo tradizione: Lucciarini ha indossato il guazzarò e ha consegnato le chiavi alla Congrega dell’Aquila, nata nel 2009, da un gruppo di giovanissimi musicisti che si definiscono ‘posseduti dallo spirito carnascialesco che influenza il paese’. «Una scelta, la mia – ha commentato il sindaco Lucciarini – che sono convinto sia condivisa dai più. Siete stati, in alcuni momenti, l’esempio per noi più grande e questo lo dico con il cuore, davvero. Noi dobbiamo volare più in alto, dobbiamo essere in grado di guardare al nostro Carnevale com’è oggi e dobbiamo farlo crescere. Il poeta romano Quinto Ennio – ha proseguito il sindaco – sosteneva che nessuno guarda a cosa c’è davanti ai suoi piedi: tutti guardano alle stelle. Quando parliamo della tradizione, ci dobbiamo ricordare che, per i giovani, il Carnevale è come lo vedono oggi. Poi sta a noi, agli storici carnevalieri, aiutarli e sostenerli nell’imboccare la strada tradizionale. La politica, e lo voglio ribadire di nuovo, deve rimanere fuori dal Carnevale». E sull’ultima frase, è letteralmente esploso un caloroso applasuo che si è alzato da tutto il teatro Serpente Aureo.

IL TESTO DELLA POESIA - Si intitola ‘Senza viltà’ il testo poetico che ieri il sindaco Valerio Lucciarini ha letto al teatro Serpente Aureo. Qui vi proponiamo il resto completo: «Ho visto i fumi dei fasci di canne. Ho ascoltato mamme e le loro ninne nanne. Nelle sere che terminavano feste. Per toglier l’imbarazzo cucinavano minestre. Ho ascoltato nonni arrabbiati per la tarda ora. Figlie e madri giustificarsi di quei balli tra l’aurora. Canti e note che accompagnano tramonti. Negozi che chiudono serrande senza chiudere i conti. Uomini e donne vestiti dal bianco e dal rosso. Giustificarsi a lavoro: ‘Domani proprio non posso’. Abbracci e urla, storie di amicizia. Il risveglio del mattino che vince la pigrizia. Tutto intorno che si muove insieme a te. Sei felice senza chiederti il perché. Ho conosciuto anche la malinconia. Di gomiti alzati di fronte all’allegria. Gruppi mascherati di vestiti con le pieghe. Storie di serpenti, di gabbie e di animali, storie di Congreghe. Suggestive sensazioni vissute tra gli amici. Provi a dir qualcosa ma quello che tu dici. Risulta diverso da ciò che tu vuoi dire. Ti guarda perplesso chi il piatto vuol finire. Aspetti quella sera e poi quella giornata. La roba da indossare è pronta e già stirata. Ti immergi nella storia di cui il protagonista. Può essere chiunque, bianco, nero, anche di razza mista. Esempi di carnevalieri, per loro solo acclamazioni Marco, Mario, Cecè e Italo Mozzoni. Si può sbagliare calcolo e non ricordare niente. Puoi bere fino al punto da offuscare la tua mente. E mentre il giorno dopo guardi chi puoi soltanto amare. Ti accorgi che sei umano e che puoi anche sbagliare. Dici a te stesso che occorreva un compromesso. Perché è facile rischiare che il vino faccia fesso. Ma nella vita non tutto si riesce a calcolare. Figuriamoci, qui, nel nostro Carnevale! Allora si chiede scusa senza ricordarsi nulla. Si chiama educazione, la si impara dalla culla. E se poi scusa non basta, appunto, senza viltà. È giusto fare ammenda, assumersene la responsabilità, ma non chiamatemi Sindaco dal nostro Giovedì. Cercate di non dirlo fino al grasso martedì. Il Carnevale nostro è dei carnevalieri, persone appassionate di sentimenti veri. Sono i giorni di noi tutti e quindi sono anche i miei. Con pregi, con i difetti, le nostre storie e i nostri néi. Perché ogni volta si rinasce come il pulcino dall’uovo. Da ieri, oggi e per sempre io sono solo un uomo. ...Addio Ninetta, addio che l’armata se ne va e se non partissi anch’io sarebbe una viltà, e se non partissi anch’io sarebbe una viltà...». 

m. g. l.