Ascoli, 10 gennaio 2012 - LE INDAGINI sono finite, mancano soltanto gli ultimi dettagli, poi gli investigatori porteranno tutto al Gip, con l’obiettivo di ottenere il giudizio immediato (i cui termini scadranno il 13 gennaio) per Salvatore Parolisi, unico indagato per l’omicidio di sua moglie Melania Rea.

La mole di indizi raccolti è enorme, si va dalle intercettazioni ambientali ai messaggi di Facebook, dalle tracce di terriccio sotto le scarpe di Melania alle celle telefoniche, dall’atteggiamento stesso di Parolisi fino alle innumerevoli bugie raccontate dal caporalmaggiore. Sostanzialmente, messi da parte alcuni particolari che sono serviti soltanto a puntellare le convinzioni dei Pm, l’impianto accusatorio è lo stesso di quest’estate, movente compreso. L’ex gip teramano, Giovanni Cirillo, aveva avanzato dubbi sulla caserma di Ascoli, ma l’imbuto emotivo ipotizzato dal magistrato ascolano Umberto Monti resta l’ipotesi più plausibile per spiegare la furia omicida, almeno secondo gli inquirenti.

LA DIFESA del soldato, dal canto suo, punterà molto sulla conduzione confusionaria delle indagini e sulle perizie di parte che, se non hanno mai fatto effetto fino ad ora, potrebbero trovare terreno fertile nella fase di dibattimento. L’ultimo, flebile, assit per Nicodemo Gentile e Walter Biscotti è nella stessa relazione dei Ros. Se, infatti, il telefono cellulare di Melania non ha mai agganciato la cella di San Marco, ma soltanto quella di Ripe di Civitella — sostengono gli investigatori —, un sovraccarico di linea avrebbe potuto portare le due celle a sovrapporsi, rendendo così impossibile una lettura completa dei dati. Insomma, accusa e difesa ormai affilano le armi per il processo. Ennesimo ‘ultimo atto’ dell’inchiesta sull’omicidio di Melania Rea.