Ascoli, 18 giugno 2012 - Parole, immagini, sensazioni visive e sceniche legate a un culto divenuto ormai leggenda: è quanto l'incantevole atmosfera di San Giorgio all'Isola ha permesso di vivere ad oltre 450 partecipanti all'ottava tappa del Festival dell'Appennino.

Il primo dei due grandi momenti della giornata si è tenuto all'interno dell'antichissima chiesa, omonima della località del comune di Montemonaco, che ha ospitato un momento di grande approfondimento culturale alla presenza di don Marco Rubiu (docente di Spiritualità all'Istituto Teologico Marchigiano di Fermo) e dell'antropologo Mario Polia, presidente del Centro Studi Tradizione Picene.

Ad introdurre i due insigni relatori, l'Assessore alla Cultura Andrea Maria Antonini che, ringraziando il Comune di Montemonaco e la Pro Loco per l'ospitalità, ha evidenziato "lo straordinario legame che unisce le tradizioni locali con figure venerate universalmente come quella di San Giorgio, raffigurato splendidamente nel dipinto che impreziosisce l'abside della chiesa". A portare i saluti della comunità montemonachese anche il sindaco Onorato Corbelli che ha apprezzato fortemente l'impegno e all'attenzione della Provincia per la valorizzazione dell'entroterra.

E' stata quindi la volta del teologo Don Rubiu che con dovizia e acume ha ricostruito la vita del santo, venerato non solo nel mondo cattolico, ma anche in quello musulmano. Il santo, che visse intorno al III sec. e morì prima di Costantino I a Lydda, fu perseguitato sino al tremendo martirio per via della sua profondissima fede e la sue encomiabile missione al servizio di Cristo.

Oltre al culto cristiano del santo è molto diffusa e radicata, da secoli, anche una tradizione popolare, che ha lo raffigura come un eroico cavaliere che valorosamente fu in grado di uccidere un essere abominevole che viveva in uno stagno. A conferma di ciò sono state le parole del professor Polia "non meno carica di mistero e di simbolismi è anche la cosiddetta leggenda aurea che narra come il Giorgio salvò la principessa Silena sottraendola alle grinfie del drago". Il noto antropologo si è poi soffermato a spiegare l'alta levatura morale e l'eccezionale caratura che, da millenni, contraddistingue "ogni buon cavaliere mosso non già da fama o da sangue regale, bensì da carità e grande dedizione verso i più deboli".

Dopo una rapida sosta per cena, la giornata ha vissuto poi il suo secondo imperdibile momento con lo spettacolo "Come Aengus venne incenerito dal drago" scritto da Cesare Catà, regia di Maurizio Serafini. L'opera teatrale era incentrata sulle vicende di un cavaliere di nome Aengus che in una notte senza tempo fu costretto ad inoltrarsi in un mondo fantastico tra esseri incantati e visioni terrificanti per salvare la propria amata, rapita da oscure creature e forze del male.

L'emozionate spettacolo, ambientato sulle rive del Lago di Gerosa, ha saputo così incantare l'attenzione dei presenti attraverso evocazioni teatrali e scene di grande impatto come la barca che scivola elegante nelle acque. Alla fine, i numerosissimi spettatori, assiepati nei pressi del palco naturale tutti in rigoroso silenzio e ammirazione, hanno tributato un fragoroso e meritato applauso a ai protagonisti di una serata all'insegna dell'arte e della bellezza naturale che difficilmente si potrà dimenticare. Ad apprezzare la rappresentazione anche il Presidente Celani che non è voluto mancare a uno degli appuntamenti più suggestivi e di punta del ricco cartellone.