Ascoli, 28 settembre 2013 - Di origini romagnole, ma cittadino ascolano a tutti gli effetti (aveva ricevuto la cittadinanza onoraria lo scorso anno), sua Eccellenza il Vescovo Silvano Montevecchi era nato nel 1938 a Villa Vezzano, una frazione di Brisighella, in provincia di Ravenna.

Aveva iniziato il suo percorso di Fede proprio nella sua Romagna, prima di approdare ad Ascoli nel ‘97. Il 30 agosto di sedici anni fa era stato nominato Vescovo della diocesi di Ascoli Piceno, ricevendo l'ordinazione episcopale il 4 ottobre 1997 dal cardinale Achille Silvestrini, anche lui originario di Brisighella. E fece il suo ingresso in diocesi il 25 ottobre.

Da allora iniziò quel legame profondo con la città e con il territorio Piceno, culminato, il 16 giugno 2012, durante i festeggiamenti del 50esimo anno di sacerdozio di Mons. Silvano Montevecchi, con il conferimento della cittadinanza onoraria da parte dell’Amministrazione civica del Comune di Ascoli Piceno. Momento clou di questo amore tra Montevecchi e la città, è stato anche, il 4 agosto di due anni fa, quando gli fu consegnata la medaglia dedicata al Santo Patrono, nell’ambito del premio “Città di Sant’Emidio”, istituito, come fece notare allora il sindaco Guido Castelli, come “grato riconoscimento della città a quelle personalità che si sono particolarmente distinte nel campo della solidarietà”. Montevecchi ha anche conferito l'ordinazione episcopale al Vescovo di Latina, di origini ascolane, Giuseppe Petrocchi.


Sua Eccellenza, consacrato sacerdote il 16 giugno del 1962, ha vissuto l’evolversi dei grandi processi democratici dell’occidente, ma anche delle delicate e talvolta violente lotte ideologiche di quel periodo. “Eravamo una generazione di giovani sacerdoti con un entusiasmo particolare anche perché si era in un’epoca di grandi riforme e cambiamenti – ricordò festeggiando i 50 anni di sacerdozio – Era il periodo del Concilio Vaticano secondo, e il Papa Giovanni XXIII seppe dare un’impronta nuova alla Chiesa, un’impronta che si basava sull’esigenza di farsi capire; e per farsi capire è indispensabile anche saper ascoltare. Ciò mi ha permesso di imparare da tutti, anche da chi aveva posizioni completamente opposte dalle mie e dalla Chiesa come i comunisti o gli anarchici”.


Sul suo legame con la città, disse: “Non ho avuto difficoltà particolari dal punto di vista relazionale perché gli ascolani, come noto, sono persone accoglienti. Ma quando arrivai dovemmo subito fare i conti con problemi concreti: c’era infatti da poco stato il terremoto che aveva danneggiato diverse chiese tra cui il duomo, che per un periodo venne anche chiuso. Ci furono parecchie difficoltà ma ora è bello vedere le chiese tornate al loro splendore”.