Ascoli, 29 settembre 2013 - SIAMO tutti un po’ orfani. Silvano Montevecchi se n’è andato. In punta di piedi e quasi di soppiatto, senza clamore. Lo ha fatto una sera calda di settembre dopo mesi di coma. Era andato via da Ascoli per essere trasferito in un centro specializzato di Imola. Ma purtroppo non è servito a farlo tornare da noi. Ci ha lasciato e la sua morte ci rende davvero un po’ più soli.
 

 

Perchè Monteveccchi è stato il vescovo di questa città: sempre presente, sempre accanto alla sua gente. Anche e sopratutto in questi momenti di difficoltà.
E nel suo testamento ha lasciato scritto di voler riposare nel Duomo di Ascoli. Di rimanere in quella cripta della cattedrale intitolata a Sant’Emidio dove lui per anni ha accolto i suoi fedeli. Silvano Montevecchi non era nato nella nostra città, ma è stato il vescovo di Ascoli per tanti anni e così ha preferito questa terra alla quella di Faenza, sua sua città di origine.
 

 

Pastore fino in fondo, fino all’ultimo insieme al suo gregge.
E ci mancherà questo uomo che era sempre presente. Vicino a tutti, schietto e asciutto nel suo modo di fare. Ma sempre sincero, vero e mai scontato. Due ricordi per salutarlo. Quando lo incrociai l’ultima volta era in occasione della maratona radiofonica di Radio Ascoli mentre firmava la liberatoria. Uno come tutti, tra tutti anche lì. Eppoi quando concesse un’intervista alla nostra Patrizia Albanesi nella sua «casa». Lo fece con semplicità e cordialità.
E adesso forse Patrizia con lui proseguirà l’intervista...