Appignano, la rivolta dei profughi: «Via di qui o sarà occupazione»

Nel mirino il centro d’accoglienza dove lunedì sono dovuti intervenire i carabinieri

Alla Casa Madre Maria ci sono 25 immigrati

Alla Casa Madre Maria ci sono 25 immigrati

Ascoli, 18 febbraio 2016 - «Se non ci lasciano andare in una città, occuperemo la struttura». Il casus belli è esploso lunedì scorso, quando i 25 profughi di Casa Madre Maria, sulle colline di Appignano, hanno manifestato la loro rabbia.

Dopo la protesta con l’arrivo dei carabinieri, gli operatori della struttura hanno cercato di gettare acqua sul fuoco, ma i profughi non hanno nessuna intenzione di mollare. «Abbiamo dato il nostro ultimatum – dichiarano– , abbiamo parlato con le forze dell’ordine, abbiamo chiesto che entro sette giorni vogliamo lasciare Appignano. Siamo fermi qui da più di un anno, aspettiamo i documenti che non abbiamo, speriamo che spostandoci in una struttura più grande qualcosa cambi».

Ieri hanno ribadito il concetto e sono andati oltre, minacciando appunto l’occupazione. Sotto accusa l’isolamento, ma anche il cibo che viene loro servito e i termosifoni spesso spenti. «Siamo venuti in Italia – ha ribadito uno di loro – lasciando alle spalle Paesi dove c’è un forte conflitto razziale, dove i diritti sono solo un’illusione, abbiamo fronteggiato il mare aperto nella speranza di raggiungere la civile Europa, un luogo che immaginavamo potesse garantire i diritti umani. Non è stato così, non siamo soddisfatti di come siamo trattati, non siamo animali. Vogliamo raggiungere un centro più grande, un centro che ci dia altre possibilità, opportunità che a Valle Orta non otterremo mai».

I 25 ospiti, che hanno un’età compresa tra i 20 e i 30 anni, sono categorici: «O ci lasciano andare in una grande città come Torino o continueremo la protesta. Occuperemo la struttura, parleremo solo con le forze dell’ordine e non lasceremo né uscire né entrare nessuno. Non firmeremo più i documenti». E’ un braccio di ferro e i giovani hanno deciso di mostrare i loro muscoli. La vera ragione è che i profughi non vogliono stare in quello che definiscono un deserto. La struttura ‘Madre Maria’ e un’ex comunità terapeutica, isolata. «Non possiamo andare avanti così – concludono – anche perché vorremmo renderci utili».

Maria Grazia Lappa