Ascoli, calci e pugni a un cliente, condannato un buttafuori

Il giudice ha concesso alla vittima anche un risarcimento

IN AULA Il giudice non ha creduto alla versione del buttafuori

IN AULA Il giudice non ha creduto alla versione del buttafuori

Ascoli, 17 maggio 2017 - Il giudice del tribunale di Ascoli Barbara Pomponi ha condannato a otto mesi di reclusione (pena sospesa) Aldo Musciolà 53 anni di San Benedetto ritenuto responsabile delle accuse di violenza privata e lesioni personali. Reati che l’uomo, buttafuori al Kontiki, avrebbe commesso in danno di un ristoratore ascolano al quale il giudice ha assegnato una provvisionale di 3.000 euro: il risarcimento verrà stabilito in separata sede. Per questa stessa vicenda è sotto processo anche un altro, Andrea Esposto, sambenedettese di 32 anni, anche lui in qualità di buttafuori, che a differenza di A.M. non ha scelto il rito abbreviato. A.E., difeso dall’avvocato Felice Franchi, deve rispondere anche di minacce, reato per cui è per altro gravato dalla recidiva infraquinquennale. Vittima dell’aggressione è un ristoratore ascolano di 30 anni assistito dall’avvocato Alessandro Angelozzi.

La notte del 2 marzo del 2014 il giovane, terminato il suo lavoro nel ristorante di famiglia, si è recato a San Benedetto per una festa. Qui ha ricevuto una telefonata dal fratello e allora si è avvicinato ad una porta, così da potergli rispondere senza il disturbo della musica. Nel mentre è stato afferrato da uno dei due buttafuori che, secondo la denuncia, avrebbe iniziato a strattonarlo con violenza, riportandolo dentro il locale. Successivamente il buttafuori lo avrebbe di nuovo raggiunto minacciandolo: «Ti aspetto fuori e ti spacco tutto» avrebbe detto all’indirizzo del ristoratore. Improvvisamente, durante la festa, il buttafuori, accompagnato da altri due soggetti, lo avrebbe preso e portato con forza fuori dal locale colpendolo con un pugno, alla presenza di un testimone al quale se ne sono poi aggiunti altri. Anche a terra l’ascolano sarebbe stato preso a calci e pugni.

Durante il processo A.M. ha riferito al giudice Pomponi che il ragazzo era stato colto a fumare dentro il locale, cosa vietata, e che per questo era stato accompagnato fuori dove, un po’ su di giri, gli avrebbe dato un morso che ha scatenato il parapiglia. «Sono stato io a chiamare i carabinieri e non lui» ha poi aggiunto. Una versione che non ha però convinto il giudice Pomponi che lo ha condannato alla pena di otto mesi. I suoi legali, Umberto Gramenzi e Silvia Morganti, hanno annunciato ricorso in Appello.