Ascoli Piceno, maltrattamenti nella casa per anziani, tutti assolti in appello

L'inchiesta nacque dopo un blitz dei carabinieri nella struttura Casa di Giobbe nel 2010

Una foto d’archivio della Casa di Giobbe

Una foto d’archivio della Casa di Giobbe

Ascoli Piceno, 17 luglio 2017 - Nessun ospizio lager, nessuna casa degli orrori, come era stata definita. I proprietari della Casa di Giobbe e gli operatori che vi prestavano servizio sono stati tutti assolti. La corte d’Appello ha letteralmente ribaltato la sentenza di primo grado  emessa dal tribunale di Ascoli a settembre del 2015, quando gran parte degli imputati, accusati a vario titolo, vennero condannati a diversi anni di reclusione.

L’assoluzione è arrivata con la formula più alta, cioè perché «il fatto non sussiste».

Esultano gli avvocati difensori, che da quando i carabinieri ad aprile del 2010 effettuarono il blitz nella struttura di Monticelli alta, hanno intrapreso una lotta senza sosta per dimostrare l’innocenza dei propri assistiti. «Finalmente è emersa la verità – dicono due dei legali difensori, gli avvocati Francesco Ciabattoni e Tommaso Pietropaolo –. Abbiamo prodotto oltre 30 testimonianze, tra le quali quelle di dirigenti Asur, medici, genitori o familiari stretti degli ospiti della struttura: tutti quanti hanno riferito che le condizioni all’interno della Casa di Giobbe erano ottimali. In primo grado era stato dato credito a cinque o sei testimoni, tra cui i carabinieri che quella mattina sequestrarono l’immobile e riferirono di aver trovato anziani abbandonati tra cattivi odori e pannoloni sporchi. In quanti reparti o strutture di geriatria alle 5 di mattina i pazienti sono già tutti lavati e profumati? La circostanza più eclatante è quella di un soggetto con problemi mentali, che in precedenza era stato accolto in 15 strutture ma da tutte era voluto andare via, tranne che dalla Casa di Giobbe, perché era l’unica in cui era contento e non veniva maltrattato. Anche la madre ha sempre assicurato che il ragazzo stava bene». 

Durante il blitz del gennaio 2010 i militari dell’Arma trovarono una trentina di ospiti in condizioni igienico sanitarie definite precarie, alcuni con segni sospetti sul corpo. Le immagini del blitz destarono molto scalpore e fecero il giro d’Italia. Nel mirino della magistratura finirono nove persone, accusate a vario titolo di maltrattamento di anziani, sequestro di persona, lesioni personali, esercizio abusivo dell’attività, abbandono di incapaci.

A settembre 2015 il giudice del tribunale di Ascoli Marco Bartoli aveva condannato a 2 anni e 6 mesi Fernando Bernardi, 56 anni, titola re della struttura, a 2 anni e 10 mesi sua moglie Luigina Orsini di 52, a 2 anni e 10 mesi Elena Bernardi di 62, sorella di Fernando, a 1 anno e 6 mesi Enrico Collecchia, 57 anni, e Rinaldo Nepi di 55 anni, tutti di Ascoli. Erano state condannate a 1 anno e 4 mesi (pena sospesa) anche due badanti polacche, Malwina e Giustina Grzelak di 31 e 36 anni. Tutti erano accusati di maltrattamenti, Fernando Bernardi anche di lesioni personali.

Il giudice Bartoli li aveva assolti per i reati di sequestro di persona, abbandono di incapace, circonvenzione di incapace e aveva assolto le altre due badanti, le nigeriane Patience Idemuida di 51 anni e Faith Erhamwonyi di 30 accusate di aver svolto un lavoro infermieristico nella Casa di Giobbe pur non avendo i requisiti necessari.  

«Il processo si era basato sugli odori nauseabondi e su nulla di oggettivo – conclude l’avvocato Ciabattoni –. Se non si contestualizzano le cose, non si può comprendere la realtà dei fatti».