Ascoli, seimila euro spariti in 13 secondi, giallo al Penny Market

I soldi erano nella cassaforte: sotto processo una commessa

L’ingresso del Penny Market. Il furto risale al 15 settembre di tre anni fa

L’ingresso del Penny Market. Il furto risale al 15 settembre di tre anni fa

Ascoli, 20 settembre 2017 - Tredici secondi per far sparire dalla cassaforte del supermercato Penny di Ascoli 6.000 euro. Tanti ne sarebbero bastati a una commessa dell’esercizio commerciale finita sotto processo con l’accusa del furto della somma composta da banconote di piccolo taglio. Un fatto che risale al 15 settembre del 2014 quando alla polizia arrivò una telefonata che dava notizia del furto dei soldi che erano custoditi nella cassaforte. A dare l’allarme era stata una commessa che ha gridato «ci hanno portato via tutto». La stessa che è poi finita sotto processo. «Pensavo si riferisse alle borse, invece erano spariti i soldi» ha detto ieri in processo una collega della commessa in questione e sulla quale si sono concentrate le indagini della questura di Ascoli.

Alla giovane ascolana la polizia contesta il fatto di non aver dato subito l’allarme. La cassaforte era infatti collegata con un istituto di vigilanza che rileva ogni apertura ricontattando il supermercato per chiedere se l’operazione era autorizzata (e quindi lecita) o meno. Così un operatore della vigilanza ha fatto quel pomeriggio telefonando immediatamente. Ha risposto la commessa che non ha però informato subito l’operatore dell’avvenuto furto, ma si è premurata solo di far ripristinare l’allarme della cassaforte che per essere aperta ha bisogno di un codice da digitare per disattivare l’allarme e di una chiave meccanica, elementi di cui la donna era in possesso. La commessa è andata in confusione, provata per l’accaduto. La polizia è stata avvisata solo dopo aver telefonato al direttore del Penny, in quel momento assente e, successivamente, il responsabile di zona. La squadra mobile ha effettuato le indagini accertando che la donna era in possesso dei codici e della chiave, anche se per aprire la cassaforte è stata utilizzata quella in uso al direttore che l’aveva lasciata – come lui stesso ha riferito – nel cassetto di una scrivania nell’ufficio che era peraltro chiuso da una porta blindata.

La squadra mobile nei giorni successivi ha effettuato una simulazione del furto e della telefonata con l’operatore all’istituto di vigilanza. Secondo il tempo trascorso – ha testimoniato un agente che ha condotto l’indagine – solo l’imputata avrebbe potuto portare a termine il furto dei soldi con quella tempistica. La giovane nega ogni responsabilità e anzi una collega ha riferito di alcuni movimenti sospetti di un uomo con una camicia a quadri che faceva domande strane e di una donna con gli occhiali da sole dei quali però non si conosce l’identità.