Ascoli, ragazzina stuprata. La madre distrutta: "Cosa potevo fare?"

Tredicenne violentata da due profughi, la donna non si dà pace

Una ragazza dopo una violenza (foto repertorio)

Una ragazza dopo una violenza (foto repertorio)

Ascoli, 27 ottobre 2017 - Una notte da incubo che non sarà semplice dimenticare. Ma la voglia e la forza per ripartire non mancano. Dopo la violenza sessuale subita da parte di due profughi nigeriani la paura c’è ancora, ma tutto sommato la 13enne ora sta meglio (FOTO).

La mamma invece non si dà pace. Sa che poteva essere evitata questa tragedia, nata anche a causa di un malinteso. E a fargli male, ora, sono anche i giudizi della gente. Perché in tanti hanno scritto sui social che non si «manda in giro una ragazzina di 13 anni a quell’ora di notte» e hanno insinuato poca attenzione da parte sua. «Ma cosa avrei potuto fare, ditemelo voi? Sono stata io a portare la mia bimba dalla polizia per denunciare tutto, appena ho capito che cosa era successo, credete sia stato semplice? Potevo anche rimanere in silenzio». Vuole chiarire, non vuole passare per una madre poco accorta. Prima di tutto, però, c’è il disprezzo verso quelle persone che «hanno agito come animali, su una bambina di 13 anni». Ci riceve davanti all’ingresso di casa la donna, e assieme a lei c’è la tredicenne e l’altra figlia poco più grande. Hanno collanine africane, le tengono al collo anche ora, nonostante tutto. «Cosa provo per quei due? Odio», dice senza pensarci troppo. «Ma non siamo razziste – spiega – Siamo tutto tranne che razziste».

In molti, si diceva, si sono chiesti come mai una ragazzina di 13 anni stesse da sola alle fermate dei bus dopo le 20. La donna, aiutata dalle figlie, prova a ricostruire la serata, facendo capire che c’è stata un’incomprensione. «Avevo detto a mia figlia di tornare a casa alle 19.30, anche perché mia madre, che è anziana e vive con noi, era rimasta sola». La figlia, invece, dopo essere stata in centro sarebbe andata nella zona del Gioli, in attesa che la madre stessa l’andasse a prendere. E da quelle parti avrebbe incontrato uno dei due nigeriani, Christopher, che aveva conosciuto in precedenza: un ragazzo piuttosto insistente, tanto che lei gli aveva bloccato i messaggi. Così lui, che era con un amico, l’ha presa in braccio e l’ha portata poco distante dalla fermata dei bus. E, dietro una siepe, assieme all’amico avrebbe abusato di lei, che ha provato ad urlare ma nessuno l’ha sentita. La madre ha iniziato a telefonare più volte, ma Christofer e Patrick, 21 e 22 anni, le avevano tolto il telefono. Poi il giorno dopo hanno avuto paura. Le hanno scritto di non «far loro del male», di non denunciarli, prima di passare a minacce esplicite. Ma come si erano conosciuti la 13enne e Christopher? Questa estate, madre e figlia erano ai tavolini di un bar del centro. «Si è seduto questo Christopher vicino a noi assieme a un amico – racconta la donna – ha detto che mia figlia era la sua fidanzata. Mi sono arrabbiata, ho minacciato di denunciarlo, ho chiesto di non azzardarsi a toccarla. Mi ha chiesto scusa, in ginocchio. Sul momento mi sono tranquillizzata».

Poi la frequentazione è ripresa alcuni giorni fa: altri messaggi, lui che insiste, lei che gli chiede di lasciarla in pace. Fino alla serata di venerdì. «Sappiamo che non tutti sono così – dice la donna – Mia figlia, a volte, ha pena per questi ragazzi e forse si fida troppo. L’altra volta mi aveva chiesto di poter portare qualcosa a un giovane che di solito staziona davanti al supermercato. Molti di loro sono bravissime persone, non si può generalizzare. Però quei due hanno sbagliato ed è giusto che paghino. Si devono rendere conto di quello che hanno fatto, perché lei è una bambina di appena 13 anni. Forse la scorsa estate ho sottovalutato il problema, dovevo stare più attenta, ma davvero non credevo che si arrivasse a questo», aggiunge.

Il rapporto tra madre e figlie sembra comunque buono. Si vogliono bene e si vede. E ora proveranno a tornare alla vita di prima.