Terremoto un anno dopo, le ferite di Arquata

In viaggio nei luoghi devastati dal sisma del 24 agosto 2016: l'emergenza resta totale

A Pescara del Tronto, frazione di Arquata, un anno dopo il terremoto

A Pescara del Tronto, frazione di Arquata, un anno dopo il terremoto

Arquata del Tronto (Ascoli Piceno), 24 agosto 2017 - I primi che arrivarono a Pescara del Tronto non credettero ai loro occhi. Erano appena stati ad Arquata e pensavano di aver già visto l’inferno, fatto di case a pezzi e morti (FOTO). «Vieni qua, guarda», disse con un filo di voce un volontario della Protezione civile all’amico appena sceso dalla macchina.

Restarono in silenzio, con lo sguardo fisso verso ciò che restava di quel paese fino a poche ore prima aggrappato al costone della montagna. Era tutto scivolato verso la vecchia Salaria, tutto sbriciolato, tutto finito in un attimo. A pochi metri da loro c’era un uomo sulla quarantina appoggiato alla macchina. Fumava e osservava i primi vigili del fuoco che si erano messi a cercare la vita in mezzo alla morte. «Là c’è mia moglie» disse. «La stanno cercando, ma che vuoi cercare…». Trovarono 47 morti. Avete presente quando si dice, con enfasi eccessiva, che un paese è stato cancellato dal terremoto? Ecco, per Pescara del Tronto vale il senso letterale della frase. Chi non c’era mai stato prima del 24 agosto 2016 (FOTO e VIDEO), oggi pensa di trovarsi di fronte a una discarica di macerie ammassate su un declivio. E invece lì c’erano case, strade, vicoli, storie, vite. 

Pescara del Tronto non è come un anno fa. È peggio. Non solo perché le scosse successive hanno completato l’opera, ma perché è pure difficile trovare la forza della speranza: non c’è infatti nessuno che sappia con certezza se il paese avrà un futuro o se il 24 agosto 2016 resterà la data della sua morte. Un pool di geologi deve capire per quale motivo il terremoto si sia accanito su questo pugno di case e se sia il caso di ricostruirlo dov’era oppure no. Ma un anno non è bastato per decidere. Per fortuna sono arrivate le casette per 26 famiglie. 

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Da Pescara ad Arquata sono quattro chilometri di strada solitaria, tra frane e transenne: per muoversi da queste parti serve un permesso che consenta di superare il blocco dei militari. Qui, nel capoluogo, morirono tre persone, tra cui Marisol, due anni appena. All’ingresso del paese c’è la sede della Pro loco, l’unico edificio che sembra intatto in mezzo alla distruzione di tutto il resto, sotto la rocca medievale ferita ma orgogliosamente in piedi (sarà sistemata con fondi ministeriali). Anche in questo caso toccherà ai geologi decidere se, dove e come ricostruire. La rimozione delle macerie da queste zone è iniziata, ma finora è come aver portato via un bicchiere d’acqua dal mare. Niente. 

E' così ad Arquata, Pescara e nelle altre frazioni, alcune delle quali ugualmente distrutte (Piedilama, Pretare, Capodacqua), altre meno. Chiunque si senta vittima delle disgrazie del terremoto, prima di dire qualsiasi cosa dovrebbe fare un salto quassù, all’ombra del Vettore. La casette finora abitate nel Piceno sono 42 su 253: a Montegallo, l’altro comune piceno messo in ginocchio il 24 agosto 2016, siamo ancora a quota zero. Sul fronte fermano, Amandola si ritrova con un ospedale ancora a pezzi, dopo quella notte di un anno fa.  Si sta lavorando per riaprire il reparto di radiologia nell’ala vecchia e la Rsa altrove, in attesa che venga realizzata la nuova struttura, per la quale ci vorranno anni. E quanto alle responsabilità dei crolli, l’inchiesta è finita con un nulla di fatto: archiviata.

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Complicata anche la situazione nel Maceratese dove solo ieri sono state consegnate le prime casette di legno per gli sfollati. Una quarantina di famiglie (tra Fiastra, Monte Cavallo e Pieve Torina) ha avuto finalmente un tetto. Ma sono poca cosa rispetto alle oltre 1.500 richieste. E nell’attesa capita, come a Castelsantangelo sul Nera, che le richieste diminuiscano perché nel frattempo gli sfollati passano a miglior vita oppure decidono di trasferirsi definitivamente altrove, spesso lontano dalla propria terra d’origine. 

Una terra nella quale le macerie la fanno ancora da padrone: sulle strade, in molti comuni, resta ancora il grosso delle case crollate. «Un anno dopo – si lamentano gli sfollati – è tutto come il giorno dopo le scosse». I numeri dicono che nelle Marche morirono 51 persone (oltre alle vittime di Pescara e Arquata, ce ne fu una Capodacqua); che sono state rimosse 125mila tonnellate di macerie su un milione e centomila; che le casette consegnate sono 85 su 1.943; che la ricostruzione praticamente non esiste, nemmeno quella leggera. 

Roba da non credere ai propri occhi, proprio come quella notte di fronte al disastro di Pescara del Tronto.

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