Terremoto, viaggio nei due paesi distrutti

Rasi al suolo Arquata e Pescara del Tronto, danni ingenti in altri venti centri montani, 1500 sfollati paura in tutta la regione. Allestite due tendopoli per ospitare i senzatetto SPECIALE: FOTO E VIDEO - CONTO CORRENTE PER AIUTARE LE VITTIME

Terremoto, Pescara del Tronto completamente distrutta (foto Lapresse)

Terremoto, Pescara del Tronto completamente distrutta (foto Lapresse)

Arquata del Tronto (Ascoli Piceno), 25 agosto 2016 - C’è una donna che non smette di piangere, non riesce a consolarla nemmeno l’amica che l’accarezza e l’abbraccia, qui nel campo degli sfollati ad Arquata del Tronto, uno di quei paesi da presepe sui monti Sibillini, oggi irriconoscibile, cuore del terremoto marchigiano. «27 morti e decine di feriti, venti sono gravi», tocca al sindaco Aleandro Petrucci il bilancio provvisorio di questa tragedia. Ma sono soltanto le sette di sera. Due ore più tardi, da un soccorritore trapela che a Pescara le salme sono diventate 35.

Anche il sindaco sa bene che «là sotto» potrebbero esserci ancora decine di persone. «Un Comune – dice –, tredici frazioni, 90 chilometri quadrati di territorio. D’inverno siamo 1200, d’estate 5000. Tanti oriundi, tanti romani. Il terremoto ha distrutto caserma, poste e Municipio. Ci attrezzeremo con i moduli. Ma intanto pensiamo alle persone».

Ci sono madri e nonne scampate, figli morti. Una vittima aveva appena 14 anni. Non ha avuto scampo una neonata di 18 mesi, la mamma si era salvata dal terremoto dell’Aquila. Il sindaco dice che almeno quattro, forse cinque, tra bimbi e giovanissimi hanno perso la vita. Una donna non ha avuto scampo a Capodacqua, «la conoscevo – confida Petrucci –. Viveva a Roma, aveva sui 50 anni. Il vescovo mi ha detto che è morta per salvare la madre».

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Però la devastazione è stata a Pescara del Tronto, un paese cancellato. Come si fa a riconoscere la casa d’infanzia da questo cumulo di macerie? I soccorritori lavorano senza sosta, i parenti si affollano per chiedere notizie, un uomo guarda con il binocolo e rassicura il padre, «vedi, stanno cercando là, vedrai...».

Superando il cordone delle forze di polizia la scena è apocalittica. Bisogna addentrarsi per le stradine di Pescara del Tronto che non c’è più, per capire quanto ha fatto male alle Marche questo terremoto. Si tolgono le macerie a mani nude, c’è pericolo di altri crolli. Polvere sollevata dal vento, cani che fiutano tracce. «Fate silenzio», chiede qualcuno. Per riuscire a sentire i lamenti. Di colpo una squadra grida, «qua, qua». Arriva una barella con i rinforzi. Ma c’è ancora da fare un lavoro paziente, secchi di calcinacci per liberare a poco a poco lo spazio e far riemergere un corpo. È un uomo anziano, anzi era.

RUMORI sinistri. Ecco un’altra scossa. Sarà così tutto il giorno, trema forte la terra anche mentre nel campo base arrivano il ministro Graziano Delrio, il vice Riccardo Nencini e Laura Boldrini. Un medico li osserva, «è bene che lo Stato ci sia vicino». Si chiama Vincenzo Mecozzi, è tornato a lavorare come tanti tantissimi altri colleghi, «ma a me è toccata la parte meno brutta, non sono andato a raccogliere i morti». Non come il volontario che in serata chiede un passaggio per scendere da Pescara ad Arquata, addenta un panino, la prima cosa che mangia da tutto il giorno e confida: «Hanno trovato un’anziana, era a letto, pareva dormisse, le mani raccolte sotto la testa. Stanno ancora cercando il figlio, era in casa, non si trova. I tetti di cemento, quelli sono stati fatali. Troppo pesanti, sono venuti giù e hanno schiacciato tutto. Mentre le mura di pietra si sono sbriciolate. La gente non ha avuto scampo».

SI SALVA invece un cane, liberato a pomeriggio avanzato, rimasto sotto le macerie ma illeso. «Neanche una bomba, neanche là in Siria», ripetono tutti mentre contemplano Pescara che non c’è più. Feriti, scampati, soccorritori. Volti distrutti dalla fatica e dal dolore. Il dolore prende posto sulla strada che sale da Arquata a Pescara, una di quelle salite di montagna che d’estate si scalano in mountain bike, nell’incanto dei Sibillini. Dalida Sciarrini è seduta su una sedia accanto alla famiglia, piange sua madre, singhiozza: «Aveva solo 76 anni, poteva vivere ancora... Lei ci aiutava sempre».

Ma quanti sono gli sfollati? Il sindaco dice di non averne idea. Intanto a Pescara si prepara una tendopoli con 180 posti, un’altra dovrebbe essere pronta oggi ad Arquata. In tutta la regione si parla di 1500 senzatetto, si contano danni in altri venti centri della montagna. «Ma tanto lo so come sono i miei montanari – sorride per farsi coraggio Petrucci –. Loro non le lasciano le case, hanno paura dei furti, dormiranno in auto piuttosto. Ma dobbiamo prepararci. Faremo anche le ronde».

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