Omicidio Sarchiè: caccia all’arma che ha ucciso, perquisiti furgone e scooter ma niente pistola

La nuova pista portava al bauletto del motorino, ma senza esito FOTO Tutte le tappe del giallo

La campagna di San Severino dove fu ritrovato il cadavere  di  Sarchiè (Foto Calavita)

La campagna di San Severino dove fu ritrovato il cadavere di Sarchiè (Foto Calavita)

San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), 26 marzo 2015 - Una nuova perquisizione, alla ricerca dell’arma del delitto, nelle indagini sull’omicidio di Pietro Sarchiè, il commerciante sambenedettese ucciso lo scorso 18 giugno. Ieri alle 13 i carabinieri si sono presentati alla Eurocar a Taccoli di San Severino, dove sono in custodia i mezzi sequestrati a Giuseppe e Salvatore Farina, e cioè il loro furgone per la vendita del pesce e lo scooter. Proprio il bauletto dello scooter (che era stato lasciato nella casa del parroco) era l’obiettivo del controllo perché, secondo un sospetto emerso evidentemente solo in questi giorni, lì avrebbe potuto essere nascosta la pistola usata per freddare Sarchiè. Invece il sospetto si è rivelato infondato: nel bauletto non c’era di interessante per lo sviluppo delle indagini, che proseguono comunque, in attesa che siano depositate le perizie e dopo le dichiarazioni dei due indagati per omicidio premeditato.

In un lungo interrogatorio in carcere, Giuseppe e Salvatore Farina lo avevano ribadito anche lunedì ai sostituti procuratori Claudio Rastrelli e Stefania Ciccioli: il 18 giugno Giuseppe Farina voleva solo minacciare Pietro Sarchiè, il commerciante sambenedettese suo concorrente principale nella vendita del pesce. Per primo ha parlato il ragazzo, confermando integralmente quanto aveva dichiarato il padre il 26 febbraio scorso e negando qualsiasi partecipazione al feroce delitto. Sebbene in teoria non fosse stato previsto, a quel punto i sostituti procuratori hanno ascoltato anche il padre, che ha precisato la sua versione parlando dalle 10.30 alle 17.30. Rispondendo anche ad alcune contestazioni dei magistrati, basate in larga misura sui risultati dell’analisi dei loro spostamenti fatta con i telefoni cellulari, Farina ha ribadito di aver organizzato con Seminara un agguato al sambenedettese, al solo scopo di intimidirlo.

Poi invece Seminara avrebbe sparato un colpo di pistola a Sarchiè e questo avrebbe fatto precipitare la situazione: Seminara infatti avrebbe deciso di ucciderlo, perché la vittima li aveva visti in faccia e di bruciare il corpo. E soprattutto ha escluso in maniera assoluta il coinvolgimento del figlio, che avrebbe informato dell’accaduto solo dopo, facendolo anche salire sul furgone di Sarchiè. A conferma di questa versione, Farina afferma che l’imprenditore edile aveva mani e vestiti sporchi di sangue, e su questo ha chiesto accertamenti specifici alla procura. Che per altro attende da mesi che vengano depositate le perizie medico-legale e genetica disposte sui numerosi reperti sequestrati nel corso delle indagini.