Parà morto, chiesta l’archiviazione. Ma per i familiari "ci sono delle colpe"

L’ascolano Fabio Comini, 26 anni, precipitò in un’esercitazione

Fabio Comini

Fabio Comini

Ascoli, 17 febbraio 2016 - Un tragico errore umano. E’ questa la decisione alla quale è giunta la procura di Lucca in merito alla morte del paracadutista ascolano Fabio Comini. Al termine della fase di indagini, il sostituto procuratore Aldo Ingangi ha quindi chiesto l’archiviazione del fascicolo, sulla base della consulenza tecnica del perito Ennio Druda, ex colonnello paracadutista di Pisa, già istruttore militare di paracadutismo per lanci con la tecnica della caduta libera.

Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, quella mattina Comini durante l’esercitazione, con tecnica di caduta libera da 1300 metri di quota, rimase vittima del cosiddetto «ferro di cavallo», ovvero l’avvinghiamento accidentale delle cordicelle del paracadute intorno a un braccio. Il giovane parà sarebbe incappato in un doppio errore, al momento dell’apertura del paracadute e nell’apertura di quello di emergenza, in quei pochissimi secondi intercorsi tra il lancio e il fatale atterraggio che non gli dettero scampo.

Ci sono inoltre due testimoni: due commilitoni di Fabio, che dichiararono di averlo visto scendere a forte velocità, con il solo «palloncino» dell’emergenza (che avrebbe dovuto estrarre il secondo paracadute) che spuntava alle sue spalle. La ricostruzione della procura però non convince affatto i familiari della vittima, i quali sostengono che alla base ci sia stata la mancanza di un’adeguata preparazione nella gestione delle emergenze. Per questo attraverso un legale è stata avanzata opposizione alla proposta del pubblico ministero.

Il gip del tribunale toscano sarà chiamato a decidere in merito nel giro di poche settimane. Il giudice dovrà cioè stabilire se chiedere alla procura di formulare un capo di imputazione, che potrebbe quindi dare il via ad un processo, oppure accogliere la richiesta di archiviazione formulata dagli inquirenti.

Fabio Comini, 26 anni, caporalmaggiore del quarto reggimento Alpini di Verona, è morto il 21 maggio scorso in un fatale lancio a Tassignano. Era allievo del corso Tcl, tecnica di caduta libera, al Capar, centro addestramento paracadutisti di Pisa. Quella mattina, dopo il lancio, il paracadute non si è aperto ed il giovane è finito contro gli alberi presenti ai margini della struttura aeroportuale. Un impatto che non gli dato scampo. Il tragico incidente avvenne intorno alle 12 nel corso di una esercitazione.