Pazienza: da Caravaggio a Benigni. La moglie: «Vi racconto il mio Andrea»

Intervista a Marina Comandini tra aneddoti e ricordi

Un’immagine di Andrea Pazienza

Un’immagine di Andrea Pazienza

Ascoli, 02 maggio 2016 - «Andrea Pazienza è il Caravaggio dei giorni nostri», afferma Milo Manara, di cui è uscito proprio ieri il primo di due volumi dedicati a Michelangelo Merisi, raffigurato con il volto del fumettista sambenedettese. E questo è un momento particolare per ricordare Pazienza, visto che il 23 maggio avrebbe compiuto sessant’anni. Data di compleanno che condivideva con la moglie Marina Comandini, sposata a Montepulciano il 7 giugno 1986, con la quale ricordiamo la figura dell’artista.

È un anno di anniversari e di iniziative per ricordare Andrea.

«Sì, giusto venerdì scorso abbiamo presentato al Comicon di Napoli il sito andreapazienza.it, realizzato dalla società Cluster, che nelle mie intenzioni dovrebbe raccogliere tutto il materiale su Andrea, dalla lista dei pezzi dell’arco con le frecce di cui era appassionato alle tavole, affinché diventi uno strumento di ricerca, di studio e di informazione. Per questo è un work in progress. C’è poi la mostra al Teatro Galli di Rimini, che resterà aperta fino al 10 luglio. A breve, poi, Repubblica pubblicherà l’opera omnia di Andrea».

Roberto Benigni dedicò a lui ‘Il piccolo diavolo’. Ci fu una collaborazione per quel film?

«No. Incontrammo Roberto un paio di anni prima al Premio Tenco. Con Nicoletta, allora sua fidanzata, passarono un week-end da noi, si sviluppò una bella amicizia tra Roberto e Andrea, e siccome il film uscì poco dopo la sua morte, Roberto volle dedicarglielo».

Una delle ultime pubblicazioni di Andrea fu ‘Pompeo’. Come preparava i suoi lavori?

«Partiva da un testo che scriveva prima. Proprio per Pompeo, che è un poema, ci sono pagine scritte a mano o a macchina che pubblicherò per la prima volta sul sito. Ma lui era velocissimo a disegnare, e naturalmente era sempre ‘buona la prima’, quindi poteva non fare niente fino a mezzanotte, e iniziare a lavorare a quell’ora, il giorno prima della consegna all’editore. Poteva iniziare dalla parola fine e tornare indietro. Lui aveva sempre ben chiaro quello che stava facendo, anche se apparentemente poteva sembrare casuale».

È curioso che il vostro compleanno coincidesse. C’erano particolari festeggiamenti?

«Era una situazione veramente singolare. Ancora oggi il mio compleanno non è un momento facile per me. Anche mia madre, infatti, era nata lo stesso giorno. Mi ritrovo da sola a festeggiare il compleanno di noi tre».

Si racconta che Pertini avesse collaborato alle storie che lo riguardavano.

«No, non è vero. Però volle invitarlo al Quirinale. Ma ad Andrea non lo dissero, ci andarono altri redattori di Frigidaire. Quando lo seppe ci rimase malissimo».

Avete ricordi comuni legati a San Benedetto?

«Sì, ci siamo stati alcune volte, naturalmente ho conosciuto tutta la famiglia. In particolare, Andrea era molto legato alla cugina Barbara Di Cretico, che poi ha curato una mostra alla Palazzina».

Anche lei è una disegnatrice. Avete mai collaborato?

«Lavoravamo nella stessa stanza su due tavoli. Ci divertivamo sullo stesso piano, almeno finché lui c’era. Solo dopo ho capito che mi aveva dato un’enorme fiducia permettendomi di colorare o fare altri interventi sui suoi originali. Non lo aveva permesso mai a nessuno. Anche i suoi studenti, che colorarono Zanardi, lo fecero sui disegni che in gergo si chiamano ‘blu’, cioè su copie».

Quali artisti o film gli piacevano?

«Non aveva preclusioni, da Totò a Guareschi. Gli piacquero molto film come Apocalypse Now o Blade Runner. Un fumetto come Penthotal è zeppo di citazioni».

Giovanni Desideri