Ponte di Cecco bello e impossibile: la storia sbatte contro il cemento

Accesso negato al monumento, i retroscena dell’incredibile vicenda

Il ponte di Cecco (Foto Labolognese)

Il ponte di Cecco (Foto Labolognese)

Ascoli, 25 settembre 2015 - La definizione di ‘ponte’ dell’enciclopedia Treccani non lascia spazio a interpretazioni: «manufatto che serve per assicurare la continuità del corpo stradale o ferroviario nell’attraversamento di un corso d’acqua o di un avvallamento. Per analogia, qualsiasi struttura o mezzo che funga cioè da collegamento tra due o più altri elementi». Ora, se per 'elementi collegati' valgono anche due cancelli chiusi allora anche quello ‘di Cecco’ può essere annoverato tra i ponti del territorio piceno. Ma se vogliamo alzare l’asticella e sognare addirittura il collegamento di due zone della città, in realtà unica ragione per cui fu eretto in epoca romana e ricostruito negli anni ’70, allora il discorso cambia ed ecco che il ‘ponte’ è tale solo sulla carta.

Il ponte di Cecco, monumento simbolo del centro storico ascolano, al momento collega infatti... due accessi sbarrati. Sembra un paradosso ma è la realtà dell’antica struttura romana, una delle tante chicche del capoluogo piceno, da sempre al centro di polemiche e quasi mai fruibile da cittadini e turisti. Da anni è in atto una battaglia legale che vede da una parte il Comune e dall’altra il proprietario dell’area privata adiacente l’estremità ‘orientale’ del ponte (quella che conduce al quartiere Caldaie) e anche ora che il Tar ha dato ragione all’ente il caso resta lontanissimo dalla soluzione. Proviamo a spiegare perché.

I fatti: da un’estremità, quella del centro storico, l’accesso al ponte in via delle Terme (davanti al sestiere di Porta Maggiore) è impedito da un imponente cancello posto dal Comune. Poco male: basta aprirlo. Ma in un’ipotetica passeggiata il visitatore si ritroverebbe, dall’altro lato, davanti a un altro cancello. «Si apra anche quello», verrebbe da suggerire. Ma non è così semplice. Anche eliminando questa ulteriore barriera, infatti, si giungerebbe... nel cortile di un condominio costruito negli anni ‘70. Il ponte, insomma, conduce in un’area privata: possibile? Ovviamente no.

In realtà, infatti, il percorso originario non terminava in quel modo (non era ancora sorto il palazzo che c’è oggi) ma proseguiva sulla destra. Attenzione, non parliamo dell’epoca romana ma di qualche decennio fa. Per la precisione del 1953, quando la stradina che collegava via Sgariglia al ponte fu denominata dal Comune ‘via Ponte di Cecco’ proprio perché, è scritto nei documenti ufficiali dell’Arengo, permetteva «l’accesso all’omonimo ponte» (che all’epoca era percorribile solo per un tratto per via del bombardamento dei tedeschi nel 1944). Oggi, però, accedere a quel percorso pedonale è impossibile. Infatti, uscendo dal ponte e girando a destra non si vede alcun sentiero ma ci si trova davanti a un muro di cemento, con due serrande chiuse. Come è possibile? E’ presto detto: tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, in pieno boom edilizio, nella zona delle Caldaie furono erette diverse strutture. Tra queste, anche la terrazza che oggi si affaccia sul fiume poggiando da un lato del perimetro su un antico rudere romano e dagli altri lati... su muri di cemento costruiti appositamente: a interrompere il percorso di via Ponte di Cecco sono proprio questi manufatti edilizi. Quindi: dalla parte del ponte c’è questa parete con i due garage mentre imboccando da via Sgariglia la stradina pedonale denominata via Ponte di Cecco (c’è ancora la lapide del Comune affissa negli anni ’50) ci si imbatte in un cancelletto di un privato.

Ed è qui che il Tar ha dato ragione al Comune intimando ai proprietari dell’area di «aprirlo». Ma il problema che né Amministrazione né Tar sembrano aver considerato è che anche eliminando questa barriera si arriva comunque... a un altro muro. Il vero nodo, insomma, è la terrazza costruita tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. Chi e quando ne ha autorizzato la costruzione? E, se l’autorizzazione non ci fosse, cosa aspetta chi di dovere a intervenire? «L’accesso da via Sgariglia a via Ponte di Cecco non c’è mai stato – ribadiscono, interpellati al telefono, i proprietari della casa che insiste sulla stradina –. Si è sempre dovuto passare da via Tranquilli. Tutto ciò che possiamo dire è che qui c’è un muro e andare oltre è impossibile».