Ascoli, 14 luglio 2012 - I GIUDICI della corte d’appello di Ancona hanno condannato a otto anni e otto mesi Claudio Amatucci Raffaellucci, il presunto ‘mago’ di Monteprandone accusato di vari atti di pedofilia. L’organo di giustizia ha così in parte ridimensionato la sentenza di primo grado, riducendo la pena di quattro mesi. L’uomo era infatti stato condannato in primo grado a 9 anni - pena già ridotta di un terzo come previsto dal rito abbreviato - con l’accusa di abusi sessuali nei confronti di due ragazzini e del tentativo verso un terzo. E proprio da quest’ultimo capo d’imputazione l’uomo è stato assolto, poiché i rapporti con il minore in questo caso erano rimasti soltanto telefonici e comunque giudicati tali da non determinare la sussistenza del reato. Confermate invece le accuse relative agli altri due casi.

I fatti risalgono al settembre del 2010. Claudio Amatucci, un operaio di 65 anni, avvicinava i ragazzini fingendosi mago, poi li raggirava facendo credere loro di poter scacciare le forze occulte, spingendoli in questo modo a compiere atti sessuali. Poi cercava di comprare il loro silenzio con ricatti e intimidazioni. Le accuse sono state supportate da intercettazioni telefoniche e da testimonianze. Il presunto mago è stato ritenuto perfettamente in grado di intendere e di volere, anche per una certa capacità manipolatoria dimostrata nell’adescare le proprie vittime. L’uomo, che non era presente al processo, durante i precedenti interrogatori avrebbe dichiarato di essere stato in età adolescenziale più volte vittima di abusi simili a quelli da lui perpetuati.
 

«DAGLI ELEMENTI del processo emerge il comportamento di una persona con evidenti disturbi mentali – ha affermato l’avvocato difensore ascolano Alessandro Angelozzi –. Nel caso del terzo minore il reato non si configurava perché c’erano stati soltanto contatti telefonici. Ora andremo avanti fino al terzo grado di giudizio perché ritengo che siano discutibili alcune dinamiche processuali ma soprattutto insisteremo sul fatto che in casi come questi la pedofilia debba essere considerata una malattia». All’uomo non è stata riconosciuta, come richiesto dal legale, l’incompatibilità dello stato di salute con il carcere, dove è rinchiuso da quasi due anni.


di Domenico Cantalamessa