Giovedì 25 Aprile 2024

Ascoli, ecomostro ai piedi della collina. Un fantasma ignoto al catasto

Casa per anziani mai terminata. "Problemi alle fondamenta" Invia le tue segnalazioni a: [email protected]

Sottoinchiesta

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Ascoli Piceno , 11 settembre 2014 - Anche Ascoli Piceno ha il suo ecomostro. Si tratta di uno scheletro in cemento armato fatto costruire più di dieci anni fa dall’allora Asl 24 dietro l’ex sanatorio Luciani, in una zona collinare del capoluogo Piceno, per la realizzazione di una ‘casa protetta’. Della questione si è interessato il consigliere della Regione Marche, Giulio Natali, che solo qualche giorno fa ha presentato un’interrogazione al presidente della giunta regionale, Gian Mario Spacca. «Interrogazione questa — dice Natali — che inoltrerò alla procura regionale della Corte dei conti e alla procura della repubblica del tribunale di Ascoli per tutti gli accertamenti ritenuti necessari».

«L’Ecomostro nascosto agli occhi di tutti — continua Natali — e che non risulta censito all’ufficio tecnico del comune di Ascoli, è stato realizzato con denaro pubblico. Ovvero con il denaro dei contribuenti ascolani e del Piceno. Con i soldi delle stesse persone alle quali, quando si recano all’ospedale Mazzoni e verificano la mancanza di medici e di infermieri, il taglio dei servizi e le chiusure dei reparti, qualcuno ha il coraggio di dire che tutto ciò avverrebbe perché mancano le risorse. Quell’ecomostro è costato 619mila euro di denaro pubblico». Secondo i documenti visionati da Giulio Natali, per quella realizzazione l’allora Asl 24 investì un miliardo e duecento milioni delle vecchie lire (pari a 620mila euro circa) prevedendo il completamento compresi impianti tecnologici e finiture (suddivisi in 531.658 euro per le opere e in 25.822 euro per le spese generali). «Dopo l’aggiudicazione della gara (il 27 novembre del 2001, ndr) — dice il consigliere regionale — le somme a disposizione per rendere operativa la casa protetta aumentarono a 606.678 euro, ovvero gli originari 531.658 euro più 75.019 euro del ribasso d’asta. Ma non è finita qui. Dopo aver versato 157.935 euro all’impresa appaltatrice, la direzione dei lavori si rese conto della necessità di una variante in corso d’opera, poi approvata il 15 gennaio del 2003, a causa di alcuni problemi geostrutturali delle fondamenta dell’immobile. Per tale motivo l’importo dei lavori aumentò di ulteriori 22.289 euro per poi crescere di nuovo per lo stesso motivo di altri 20.065 euro. In sostanza dei 620mila euro circa, 498.993 euro vennero impiegati per le opere e ben 59.045 euro per le spese generali».

«Insomma — conclude Natali — questa struttura, mai completata e attualmente in uno stato di totale fatiscenza, ha costituito un incredibile spreco di risorse pubbliche considerando che gli unici a trarne vantaggio sono stati l’impresa appaltatrice, sicuramente pagata per il lavoro svolto, e chi era rientrato nell’ambito di tutte quelle spese generali».