Maradona jr: «Anno splendido quello vissuto ad Ascoli»

Hugo, fratello di Diego, vestì la casacca del Picchio nel 1987/88. Lo abbiamo incontrato con l’ex compagno ‘Meco’ Agostini

Hugo Hernan Maradona, a sinistra, con ‘Meco’ Agostini

Hugo Hernan Maradona, a sinistra, con ‘Meco’ Agostini

Ascoli, 6 giugno 2016 - Da una decina di metri di distanza, un po’ contro sole, a guardarlo sembra proprio lui: Diego Armando Maradona. Stessa corporatura, stesso identico modo di camminare, profilo praticamente uguale. Invece no. Ma è quanto di più vicino al Pibe de Oro ci sia al mondo: si tratta di suo fratello. Sì, proprio Hugo Hernan, classe ’69, che vestì la maglia dell’Ascoli nella stagione 1987/88 e che, soprattutto su internet, viene preso un po’ in giro per non aver esattamente ‘lasciato il segno’ nella serie A italiana. Oggi è il coordinatore della scuola calcio Micri, di Napoli, e sabato era a San Benedetto per un torneo. Siamo andati a trovarlo con il suo alter ego calcistico dell’epoca, Domenico Agostini: Hughito lasciava il campo, Meco prendeva il suo posto; Meco usciva, Hughito entrava. In un senso e nell’altro accadde ben dieci volte. Alla fine le presenze di Maradona Jr furono 19, di cui 13 in campionato (tre da titolare) e sei in Coppa Italia. Prima di incontrarlo, è proprio l’ex compagno di squadra, lungo il tragitto sull’Ascoli-Mare, a togliergli di dosso l’etichetta di ‘fiasco’: «Chi lo definisce così o non lo ha mai visto giocare o non si rende conto di che serie A era quella. Hugo aveva un destro delizioso e ottime intuizioni. A 18 anni appena compiuti riuscì a mettere insieme quasi venti presenze tra campionato e coppa, con una squadra che si salvò in netto anticipo, e vi assicuro che la palla non la perdeva facilmente. Ricordo nitidamente un bellissimo assist per me contro il Perugia, in precampionato, e un tocco vellutato per Carannante col Toro che ci regalò il 3-0. Ditemi quanti ’97 hanno fatto meglio nell’ultimo campionato di serie A. I paragoni col fratello? Non li regge lui come nessun altro al mondo. Gli mancava la continuità aggressiva, questo sì, inoltre soffriva il pressing e il tipo di allenamenti che facevamo, infatti accusò diversi guai fisici. Ma era un bel giocatore e soprattutto un buon amico». Il lungo abbraccio al campo di Ragnola, a Porto d’Ascoli, ne è la conferma. «Che bei ricordi quelli in bianconero – attacca subito Hughito, detto ‘El turco’ per via della carnagione scura, mentre ancora con un braccio stringe Meco –. Avevo già vissuto l’importante esperienza in Nazionale Under 16 (fu uno dei migliori al mondiale di categoria, nel 1985 in Cina ndr), in squadra con me c’erano giocatori importanti come Redondo e altri. Ma quella in Italia fu la prima vera esperienza lontano da casa, per un lungo periodo e in un campionato in cui noi, che lottavamo per la salvezza, avevamo in squadra un campione d’Europa come Casagrande. Il Pescara, con il nostro stesso obiettivo, aveva un mostro come Leo Junior, seppur a fine carriera… Figuratevi le squadre di alta classifica, con mio fratello al Napoli, Gullit e Van Basten al Milan, Boniek e Voller alla Roma, Laudrup alla Juve e chi più ne ha più ne metta». «Se ho avuto l’onore e il piacere di affrontarli – continua – lo devo all’Ascoli e al presidente Rozzi, che era veramente fantastico, il migliore mai avuto. Non ci faceva mancare niente e ci dava tutto ciò che prometteva. Si arrabbiava a morte solo con i giornalisti e gli arbitri… E aveva ragione!». A questo punto inizia un amarcord tutto loro, che seguiamo senza interferire: «Ti ricordi le trasferte? Ci mettevamo dietro con i walkman ad ascoltare la musica, io tu e Walter (Casagrande ndr), mentre gli altri davanti giocavano a carte. Siamo stati i precursori dei giocatori che oggi girano con le cuffie! E il ritiro a Norcia? Mamma mia, fuori c’era il deserto e la trasgressione più grande era un gelato di nascosto». Poi, dopo appena un momento di pausa: «Ma perché, i pacchetti di sigarette di Roberto Corti? Era a fine carriera e fumava come un turco, ma per noi era come un padre. Che tempi…». A questo punto proviamo a riportare l’attenzione al campo: Hugo, chi fu il difensore più difficile da affrontare in quel torneo? «Brio della Juve, un gigante. Era, senza offesa, brutto e cattivo. Un vero mostro davanti a Tacconi». «Dei campioni di quell’anno, però, quasi nessuno uscì dal Del Duca esultando» conclude Hughito, che poi aggiunge: «Perché ‘quasi’? Beh, il Napoli, solo lui, ci riuscì. Ma che volete farci: aveva Maradona...».

Gigi Mancini