Mercoledì 24 Aprile 2024

Migranti, straziante addio al piccolo Aylan. Il padre: "E' solo colpa mia"

I funerali al cimitero dei martiri di Kobane davanti a una gran folla di gente in lacrime. Il padre, devastato dal dolore: "Non posso incolpare che me stesso, pagherò il prezzo per il resto della mia vita"

Kobane, i funerali del piccolo Aylan (Afp)

Kobane, i funerali del piccolo Aylan (Afp)

Kobane (Siria), 4 settembre 2015 - Abdullah Kurdi è arrivato nella sua città natale, Kobane, con le bare di suo figlio Aylan, dell'altro bimbo morto in mare, Galib, e della moglie Rihana. Ha seppellito la sua famiglia e tutti i suoi sogni, e forse vorrebbe vedersi spegnere i riflettori, su una tragedia tanto intima diventata simbolo (VIDEO) della sofferenza di tutti i migranti. Forse invece pensa che il suo immenso dolore acquisti un senso, tramite la foto del suo bimbo in calzoncini corti sulla spiaggia di Bodrum che ha scosso l'animo del mondo. Si vive anche di simboli, come Kobane è divenuta simbolo della lotta all'Isis.

Kurdi è arrivato a Kobane accompagnato, tra gli altri, da Dilek Ocalan, la nipote del leader del Pkk in prigione. "Mia sorella vive in Canada. Le autorità canadesi mi hanno chiamato per chiedermi se volevo seppellire mia moglie e i bambini in Canada, ma non ho accettato. Voglio seppellirli a Kobane", ha spiegato

L'ULTIMO SALUTO - Straziante il funerale di Aylan, della mamma e del fratellino. Si è tenuto al cimitero dei martiri di Kobane davanti a una gran folla di gente in lacrime. "Non posso incolpare nessun altro per questo, solo me stesso - ha affermato Abdullah Kurdi, devastato dal dolore - pagherò il prezzo per il resto della mia vita". Bisogna trovare una "soluzione alle tragedie" che distruggono la Siria, ha aggiunto, sottolineando che i suoi figli sono solo alcuni delle migliaia di vittime della guerra civile che insanguina il Paese. Ma il fratello Suleiman lo difende: "Voleva andare in Europa solo per il bene dei suoi figli. Adesso che sono morti, vuole stare vicino a loro a Kobane".

ESODO DI FAMIGLIA - Originari di Kobane, enclave curda nei mesi scorsi al centro di furiosi combattimenti con i jihadisti dell'Isis, la famiglia di Aylan era fuggita più volte trovando rifugio in altre zone della Siria. A giugno, erano tornati a Kobane ma in città erano rientrati i terroristi del Califfato, spingendoli a scappare di nuovo, stavolta cercando la salvezza al di là del mare che però li ha inghiottiti mentre dalle coste turche navigavano verso la Grecia.

LO ZIO: VERGOGNA - Abdullah è annientato dal dolore, al posto suo parla il fratello Mohammad, che a Repubblica accisa: "Tutti devono vedere la foto di Aylan, tutto il mondo la deve guardare e vergognarsi. È scioccante, lo so. Ma perché la morte dei miei poveri nipoti non sia stata inutile, è importante che la guardiate ancora e ancora. Indignatevi e ricordatevela per sempre".

IL RACCONTO ALLA RADIO - In realtà, fa notare la radio curda "Rozana Fm", il bambino si chiamava "Alan", che in lingua curda significa "Portabandiera".  Drammatico il racconto fatto dal padre alla radio locale: "Lo scafista turco è saltato giù dalla barca ed è scappato, lasciandoci soli a lottare contro le onde. Io ho preso per mano i miei due bimbi e per un'ora con mia moglie ci siamo aggrappati alla barca rovesciata, i miei figli erano ancora vivi". 

Una resistenza disperata, e alla fine inutile. "Il primo figlio (Galib) è stato portato via dalle onde, sono stato costretto a lasciarlo per tenere il secondo bimbo". Quindi - ha proseguito l'uomo in lacrime - "è morto anche il secondo (Aylan) tra le mie mani. Ho visto la bava uscire dalla sua bocca. L'ho lasciato per salvare la loro madre, ma ho capito che anche mia moglie non era più in vita. E così sono rimasto in acqua per tre ore fino a quando sono arrivate le guardie costiere turche e mi hanno salvato".