{{IMG_SX}}Bologna, 2 luglio 2008 - PRIMA di uscire dall’aula, ha guardato la donna che l’ha inchiodato, il pm Elisabetta Melotti, e l’ha salutata con i soliti modi garbati: «Buonasera signora». Poi gli agenti di polizia penitenziaria l’hanno portato via, verso il carcere della Dozza, dove dovrà restare per molti, molti anni. Sì, perché ieri sera Andrea Rossi, commercialista 45enne, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della sua cliente Vitalina Balani, 70 anni, strangolata il 14 luglio 2006.

IL GIUDICE Leonardo Grassi, presidente della Corte d’Assise (due giudici togati e sei popolari), ha letto la sentenza alle 19,20, dopo circa 24 ore di camera di consiglio. Rossi è stato riconosciuto colpevole di tutti i reati: omicidio premeditato, appropriazione indebita (in relazione ai due milioni di euro che la donna gli aveva dato da investire) e circonvenzione di incapace (per aver soggiogato il marito di Vitalina, Aldo Fabbiani, 94 anni). La Corte l’ha condannato, appunto, all’ergastolo, con nove mesi di isolamento diurno. Non solo: ha deciso anche la decadenza dalla potestà di genitore per Rossi, padre di sei figli, l’ultimo dei quali nato dopo il suo arresto nel gennaio 2007. E ancora: interdizione perpetua dai pubblici uffici, l’interdizione legale e quella, per due anni, dalla professione di commercialista. I giudici hanno previsto a carico dell’imputato anche il pagamento delle spese legali e il risarcimento danni in sede civile ai parenti della vittima, liquidando nel contempo provvisionali consistenti. Fra spese e risarcimenti, in tutto si arriva a circa 500mila euro. Al marito della vittima andrà una provvisionale di 200.000 euro, alle due sorelle 50mila a testa, alle sei nipoti 20.000 ciascuna. E non è ancora finita: la Corte ha diposto anche la trasmissione degli atti al pm perché venga incriminata per falsa testimonianza Nunzia Giuliano, la collaboratrice di Rossi che era venuta in aula a dire di aver visto il commercialista in studio il giorno del delitto.

UNA SENTENZA durissima, che Rossi ha ascoltato senza battere ciglio. In piedi a fianco del suo avvocato Gian Vito Califano, l’imputato, in maglietta e pantaloni rossi, ha fissato il presidente Grassi mentre leggeva il dispositivo. Non ha detto una parola, non ha versato una lacrima nè mosso un muscolo. Il suo sguardo non ha tradito la minima emozione, nonostante l’inequivocabile, e pesantissmo, significato delle parole del giudice. Al termine della lettura, Rossi è stato portato via dalla polizia penitenziaria e, giunto di fronte al pm, l’ha appunto salutata con i suoi modi gentili al limite dell’affettazione. Dal canto suo, il pubblico ministero Elisabetta Melotti, come suo costume, ha lasciato l’aula senza dire una parola. Solo un abbraccio con il collega Valter Giovannini, venuto ad assistere alla conclusione del processo.
E’ stata per lei un’inchiesta molto complessa: decine di faldoni per inchiodare quel commercialista stimato da tutti che però, fin dalle prime fasi dell’indagine condotta dalla Squadra mobile della polizia, aveva qualcosa che non andava. Contro di lui nessuna prova schiacciante, ma ‘solo’ una gran quantità di indizi che portavano tutti in una direzione. Tanti indizi, univoci e pesanti, ma pur sempre indizi. E invece per la Corte sono stati più che sufficienti. La ricostruzione accusatoria è stata sposata in pieno, comminando il massimo della pena, come chiesto appunto dal pm. Per la difesa, che già preannuncia appello, è stata una sconfitta su tutta la linea. Resta tuttora pendente la ricusazione della Corte, già bocciata dalla Corte d’appello ma riproposta in Cassazione.
Dopo la lettura della sentenza, fra il folto pubblico presente nell’aula 1 del Tribunale, le emozioni erano opposte. Dolore e sconcerto per i parenti e gli amici di Rossi, soddisfazione, per quanto amara, dei parenti di Vitalina Balani.
C’era il fratello di Andrea, Stefano, gli amici della pallavolo, alcuni familiari. Non c’erano nè la moglie nè i genitori del commercialista. «L’hanno trattato come Jack lo Squartatore», ha sussurrato un amico, sotto choc.
Però sono davvero tanti gli indizi che hanno convinto i giudici a condannare l’imputato. Vitalina Balani, agiata pensionata che viveva in via Battindarno 159, aveva affidato due milioni di euro a Rossi, amico di famiglia da tanti anni, perché li investisse e li facesse fruttare. Invece lui, già oberato dai debiti, li aveva in pochi mesi fatti sparire, per coprire buchi o fare investimenti sbagliati. Lei però, a differenza di altri clienti che pure hanno perso tanti soldi, non era disposta a rinunciare al proprio denaro, nè tantomeno ad aspettare. E così aveva pretesto la restituzione, mettendo il professionista con le spalle al muro. Perciò lui, secondo l’accusa e secondo i giudici (che entro 90 giorni depositeranno le motivazioni), aveva deciso di ucciderla, mettendo in atto il suo piano quel caldissimo 14 luglio 2006, quando la donna era tornata dal mare proprio per incontrarlo. Poi Rossi aveva cancellato dal computer i file relativi alla Balani e tentato di depistare le indagini. Il lavoro della polizia, peraltro, era partito ad handicap perché sulle prime la morte della donna era stata scambiata per naturale.
Lui ha sempre negato disperatamente: «Sono innocente, per me la vita è un dono sacro. Ho sei figli, so quel che dico», ha detto in lacrime in aula un mese fa. Ma i giudici non gli hanno creduto. Per loro, Andrea Rossi è l’assassino e deve rimanere in carcere a vita.