{{IMG_SX}}Bologna, 22 novembre 2008 - UN VUOTO di memoria e di emozioni attanaglia Massimo De Vita, 44enne tifoso juventino uscito dal coma dopo l’aggressione all’esterno dello stadio Dall’Ara di Bologna del 29 ottobre scorso. L’uomo è stato dimesso mercoledì dall’ospedale di Baggiovara: il suo recupero procede con estrema lentezza nella sua casa di Modena. E’ l’affetto della moglie Elvira e del figlio che era con lui al momento dell’assalto degli ultrà bolognesi a condurlo, più di ogni altra cura, al di fuori dalle nebbie di un dramma assurdo. De Vita aveva appena visto la sua Juventus battere il Bologna: è stato pestato e colpito alla testa con una pietra da chi non accettava che suo figlio indossasse la sciarpa bianconera fuori dal Dall’Ara.

 

‘SINDROME frontale’. Matteo Tudini, medico consulente nominato dal pm bolognese Lucia Musti che indaga sull’episodio, definisce in questi termini il disturbo che tormenta ora De Vita. Uno stato particolare caratterizzato dalla mancanza di emozioni e apatia. L’uomo, secondo il perito, non ha recuperato la reattività emotiva che guida tutte le nostre azioni. La capacità, anche, di arrabbiarsi per la violenza che l’ha travolto in un attimo. «Confermo, mio marito è stranamente apatico — dice la moglie Elvira —. Lui che è sempre stato iperattivo, ora si ritrova senza energie. Fatica a camminare e non è il caso che faccia le scale. Alcuni giorni, come oggi (ieri, ndr), non desidera nemmeno vedere persone. Tutto questo è assurdo e preoccupante. Penso che Massimo inizi, in realtà, a rendersi conto pienamente di quello che gli è successo e la consapevolezza dei propri limiti fisici lo mortifica ancor di più».

 

IERI la moglie del lattoniere ferito quasi a morte ha voluto solo in parte riferirgli degli sviluppi dell’inchiesta per l’aggressione che ha subìto. «Non è il caso di coinvolgerlo emotivamente in questo momento delicatissimo — dichiara la donna — e del resto proprio in queste ore mio marito si è chiuso ancor più in se stesso. Il fatto che siano stati individuati i presunti responsabili dell’assalto è positivo, certo. Ora dovranno pagare. Ma questo è solo uno dei nostri desideri. Prima di tutto. la nostra famiglia pretende che Massimo recuperi tutte le forze. Purtroppo nessun medico si è sbilanciato sulla sua completa guarigione. Siamo tutti preoccupati. Quando era uscito dal coma, mio marito sembrava riprendersi con grande rapidità. Un giorno ha ricominciato a parlare e abbiamo gioito tutti. Lui stesso era molto soddisfatto per come stava ritrovando le forze. Poi, però, ci siamo tutti resi conto che il recupero era qualcosa di più delicato e complesso».

 

NON è ancora risalito del tutto dal baratro buio e inconcepibile in cui l’ha spinto quel colpo in testa, De Vita. «Bisogna assisterlo e convincersi che possa recuperare come persona e tornare a lavorare, altrimenti questo dramma assurdo sarà per noi anche un problema economico — dice la moglie —. Mi sono documentata, di quello che è accaduto non è responsabile la società calcistica perché l’episodio si è verificato fuori dallo stadio». Non sarà facile per il marito ritrovare le emozioni che si sono perse in una notte sfuggita a ogni logica, se non a quella della violenza.