{{IMG_SX}}Bologna, 13 gennaio 2009 - "Un incubo vero dal quale solo ora, a quasi due anni da quel maledetto sabato sera, stiamo uscendo. Nostro figlio, ad appena 16 anni ha conosciuto il carcere, le limitazioni dei domiciliari ed essere additato come un mostro senza aver mai fatto nulla di male. Fortunatamente alla fine la giustizia ha trionfato ma non sarà facile dimenticare".

 

A parlare è il padre di Andrea (il nome è di fantasia ndr), il ragazzino all’epoca dei fatti appena sedicenne che la notte tra il 24 e il 25 febbraio di due anni fa venne arrestato con un’accusa infamante, di quelle da da far tremare i polsi: violenza sessuale sull’amica all’epoca dei fatti appena 14enne. A denunciarlo fu la ragazzina stessa che in lacrime si rivolse a un uomo della security della discoteca ‘Ruvido’ di via Maserati nella quale entrambi stavano trascorrendo la serata. "Sono stata violentata nel bagno del privée". Una frase che fece ovviamente scattare subito l’allarme. "In trent’anni di gestione di locali - raccontò uno dei soci del locale, Andrea Manetti - non mi era mai capitata una cosa del genere e per questo mi sono attivato immediatamente avvisando le forze dell’ordine e cercando di capire cosa fosse successo". Da qui l’identificazione del giovane.

 

"E’ stato lui", indicò senza dubbi la ragazzina. Ma il giovanissimo amico, all’epoca dei fatti appena sedicenne, avvicinato e accompagnato in uno degli uffici del locale cadde letteralmente dalle nuvole. "Violentata? Assolutamente no. Non l’ho costretta a fare niente". Insomma secondo il racconto del giovane studente, bolognese come la sua presunta vittima, quelle effusioni iniziate sul divanetto del privée e proseguite nel bagno, non furono assolutamente rubate.

 

Ma c’è voluto più di un anno e l’impegno del suo difensore, avvocato Luigi Prete che come previsto dal codice, ha attivato le cosiddette indagini difensive raccogliendo e inserendo nel procedimento le testimonianze di quattro testi che seppur menzionati non erano mai stati presi a verbale dall’accusa, per convincere il magistrato della Procura dei minori, Eufemia Milelli, a chiedere per quel procedimento l’archiviazione "vista la carenza di elementi a sostegno della sussistenza del reato contestato".

 

Una richiesta accolta poi dal giudice Anna Maria Filocamo un anno fa. "Abbiamo aspettato che scadessero i termini di un possibile appello della procura generale o della stessa famiglia della denunciate - ha spiegato il suo legale, avvocato Luigi Prete - prima di dare notizia del proscioglimento del mio giovanissimo assistito, ma ora è bene che tutti sappiano che lui, con quella violenza nulla aveva a che fare".

 

E dubbi sulla credibilità del racconto della ragazzina che probabilmente, vista anche la sua giovane età ha trasformato una maliziosa bugia in una storia più grande di lei, erano emersi sin dai primi momenti. A partire da quel messaggino che il giorno dopo aveva mandato proprio sul cellulare del ragazzo che aveva appena messo nei guai. "Ho fatto una str..., c’era mio padre e non sono stata io a fare la denuncia ma mi hanno fatto un sacco di domande. Ti chiamo stasera".

 

Non sapeva evidentemente che in quel momento lui era già stato rinchiuso nel centro di prima accoglienza del Pratello. Ma quel messaggino non servì nemmeno a scagionare quel sedicenne che disperato e in lacrime continuava a urlare la sua innocenza se è vero che dopo i quasi tre giorni passati al Pratello è stato messo per quasi un mese ai domiciliari. "La privazione della libertà - continua l’avvocato Prete - è e rimarrà per sempre impressa nella sua memoria. Così come, nonostante la famiglia gli abbia sempre creduto, difficilmente potrà dimenticare gli sguardi di chi pur non conoscendolo ma avendolo individuato come l’autore di quel fantomatico stupro, lo ha considerato per mesi una sorta di mostro. Quella ragazza? Ovviamente non l’ha mai più voluta incontrare anche perché la famiglia di lei non ha mai nemmeno alzato il telefono per chiedere scusa di tanto dolore".