Maresciallo dell’Arma ha l’amante, niente promozione

La motivazione: «Uno è carabiniere sempre». Avanzamento di carriera negato. Il Tar dà torto al sottufficiale

Secondo i giudici amministrativi, il maresciallo avrebbe dovuto conoscere «i doveri di comportamento previsti nell’Arma»

Secondo i giudici amministrativi, il maresciallo avrebbe dovuto conoscere «i doveri di comportamento previsti nell’Arma»

Bologna, 11 aprile 2016 - Avanzamento di carriera a rischio, se hai l’amante. Ma soprattutto se indossi una divisa, come quella dei Carabinieri perché «la condotta, anche quella al di fuori del servizio, deve essere valutata secondo il più rigoroso parametro dell’esigibilità relativa a un appartenente all’Arma». Lo sostiene una recente sentenza del Tar Lazio che ha rigettato il ricorso del 2007 di un maresciallo in forze in una stazione del bolognese. Il militare, assistito dall’avvocato Fabio Chiarini, si era rivolto ai giudici amministrativi per impugnare il giudizio di non idoneità che all’epoca era stato espresso dalla competente commissione di valutazione e che gli aveva impedito di ottenere la promozione al grado superiore. Secondo il maresciallo – che nel frattempo, anni dopo, ha comunque ottenuto l’agognata promozione – la ‘bocciatura’ era dipesa dal clamore suscitato dalla relazione extraconiugale che al tempo intratteneva con una donna e non da reali mancanze dal punto di vista professionale. Ma per la commissione giudicante e i giudici amministrativi, la condotta nella vita privata è parte integrante della valutazione di un carabiniere.

La vicenda, che risale a circa una decina d’anni fa, destò clamore nella comunità in cui il maresciallo operava. Al tempo, infatti, la relazione extraconiugale del militare, in corso già da anni, giunse al termine. Secondo il maresciallo, fu la ex, ferita perché lasciata, ad andare a spifferare tutto al comandante di stazione. La tesi della donna, invece, era ben altra: riferirì tutto, querelando però il militare per ingiurie e minacce. La denuncia della donna portò all’apertura di un’inchiesta penale dove il maresciallo finì prima indagato, poi archiaviato per l’inattendibilità della donna. Ma contemporaneamente si aprì all’interno dell’Arma un procedimento disciplinare a suo carico culminato in una sanzione di corpo (mai impugnata): due giorni di consegna semplice, per violazione dell’obbligo di contegno nella vita privata previsto dall’articolo 423 del regolamento dell’Arma.

Proprio quell’anno, con la sanzione disciplinare irrogata e il procedimento penale in corso, il maresciallo fu considerato inidoneo all’avanzamento di grado per le «carenze comportamentali» evidenziate. Una volta arrivata l’archiviazione dell’indagine penale, però, il maresciallo è passato al contrattacco. Secondo lui, infatti, aveva sempre ricevuto il positivo apprezzamento dei superiori e, soprattutto, la relazione adulterina non aveva mai inficiato il suo operato professionale.

Diametralmente opposta l’analisi del Ministero, poi fatta sua dal Tar. Il maresciallo, secondo l’Arma aveva «precedenti di carriera non lusinghieri», quindi «il giudizio di inidoneità non si fonda solo sulla negativa valutazione delle qualità morali dimostrate, bensì dal complessivo apprezzamento dell’insieme di qualità e capacità dimostrate». In ogni caso, un maresciallo con 15 anni di anzianità di servizio «ben conosceva i doveri di comportamento» previsti nell’Arma e l’avanzamento «avrebbe indotto la cittadinanza a ritenere ‘premiato’ un carabiniere dalla condotta non esemplare».

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