Andrea Pazienza, Gabos: "A 60 anni sarebbe un ribelle tranquillo"

Intervista al fumettista

Andrea Pazienza

Andrea Pazienza

Bologna, 22 maggio 2016 - Ci sono personaggi che, con il loro segno stilistico, la loro capacità di evocare un immaginario, si sono trasformati in icone. Esercitando una forza di attrazione che va al di là della loro opera, generando un fenomeno di costume. È quello che è avvenuto, nel corso degli anni a Andrea Pazienza, che, da figura centrale del fumetto contemporaneo, è diventato, specie dopo la sua scomparsa, una figura simbolo di una Bologna giovanile e artistica. Una città laboratorio dove i linguaggi si mescolano.

E producono sempre nuove forme di creatività. Così sarà ricordato oggi, nell’anniversario della sua nascita, il disegnatore, che qui viveva e lavorava (e del quale rimane a Bologna solo una misera traccia ‘ufficiale’, una targa fuori la casa dove abitava), in un incontro nell’Accademia di Belle Arti, Un giorno da Paz. Parole, azioni, immagini, nel 60° compleanno di Andrea Pazienza In programma, dalle 16 alle 20, la presentazione della nuova edizione del libro Vita da Paz! di Franco Giubilei e gli interventi dei disegnatori e docenti Otto Gabos e Onofrio Catacchio.

Gabos, oggi Pazienza avrebbe compiuto 60 anni. Come lo celebrerete in Accademia?

"Innanzitutto, visto che siamo una istituzione dove si coltiva la conoscenza e l’arte, ricorderemo il suo talento naturale, unico, il suo tratto inimitabile, nonostante abbia fatto scuola. Io, ad esempio, decisi di venire a studiare a Bologna dalla Sardegna, e come me tanti altri, perché le sue storie, ad iniziare da Le straordinarie avventure di Pentothal, la prima che avevo letto, mi avevano irrimediabilmente conquistato. Era un disegnatore istintivo che, con poche tavole, riusciva a fotografare un percorso generazionale. Lui è davvero una finestra aperta sulla Bologna creativa degli anni 80".

Un legame strettissimo, quello di Paz con la città.

"Per molti, Bologna, in quelli anni, era soltanto la città che conoscevano attraverso le sue storie. Una città esuberante, dove gli incroci tra le arti facevano parte della vita quotidiana, La musica, i video, la pittura si intrecciavano nella vita di ogni giorno. Senza che ci fosse una strategia di comunicazione. Eppure, erano linguaggi che, nati nelle zone più sotterranee della città, diventavano popolari. E lui era un appassionato osservatore".

C’era anche un lato oscuro?

"Certo, ed è quello che ha condizionato la carriera e l’esistenza di Pazienza come di molte altre personalità geniali di quella generazione. Subivano il fascino delle droghe. In maniera inconsapevole. E nei suoi disegni anche questo aspetto è sempre drammaticamente presente".

Una morte prematura che lo ha consegnato al mito.

"Sì, è il destino degli artisti che muoiono giovani. E’ come se la loro avventura umana e creativa si fosse cristallizzata. Possiamo immaginare oggi un Jim Morrison adulto? E che farebbe oggi, a 60 anni, Andrea Pazienza, se fosse ancora vivo?".

Lei, che a Andrea Pazienza si è ispirato, ha una risposta?

"Sarà uno dei temi dell’incontro in Accademia. Sarebbe forse diventato un tranquillo signore di successo, un fumettista che, stemperata la naturale spinta all’eversione giovanile, racconterebbe una Bologna sicuramente più ricca di occasioni professionali e culturali. Meno eccitante però di quella che lui ha vissuto. Con un po’ di nostalgia e qualche improvviso ritorno alla ribellione".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro