La web serie: lo Status di spacciatore nel regno del no profit

Anteprima all'Odeon

Bologna, la web serie Status

Bologna, la web serie Status

Bologna, 4 ottobre 2014 - I tre registi si sono incontrati a un festival, la storia l’hanno scritta pensando a Bologna e al suo tessuto sociale e pop, la loro estetica è vicina a quella di certe serie americane di culto e l’argomento guida è stato ispirato da un concorso per web series con tema il “no profit”. Ecco in arrivo su Mymovies dalla fine di ottobre, Status – La web serie, scritta e diretta dai bolognesi Margherita Ferri, Renato Giugliano e Davide Labanti, e prodotta dal Milano Film Festival e da Banca Prossima. Riusciranno i nostri eroici e trentenni cineasti, la prima con training nel mondo del cinema, il secondo cresciuto alla corte del documentario e il terzo con parecchia esperienza tra spot commerciali, corti e videoclip, a farci passare la nostalgia di un Coliandro estromesso dalle scorribande bolognesi? I più curiosi lo potranno capire già questo pomeriggio, in occasione della Notte Rossa di via Mascarella, perché le prime due puntate della serie che narra le storie di Fortunato Soccorso, detto "il Soccia", uno spacciatore di Bologna che per amore cerca di diventare il cooperante perfetto, saranno proiettate dalle 18 al cinema Odeon. Margherita Ferri (nella foto)ne spiega la genesi.

Com’è la trama di questa avventura cinematografica che avete intrapreso nel web?

«La storia di Status, un’Organizzazione Non Governativa, nasce per partecipare al progetto Are You Series? che chiedeva di raccontare il no profit attraverso una serie web, con una storia e un pilota. Noi ci abbiamo provato nonostante avessimo appena perso l'appoggio di una produttrice bolognese che non aveva creduto nella nostra trama. E abbiamo fatto un pilota autoprodotto ricevendo un premio di 60.000 euro per le 10 puntate da 10 minuti l’una».

La storia non era piaciuta perché è troppo audace?

«Abbiamo scelto una trama atipica per questo mondo, perché c'è un outsider che deve diventare cooperante. A Milano però è piaciuta proprio perché non siamo stati concilianti con il linguaggio che solitamente sta attorno al mondo delle Ong, il che permette di parlare anche a un pubblico non informato».

Avete preferito parlare in un modo nuovo e più ironico?

«Sì, abbiamo scelto dei temi dissacranti, perché la storia di Fortunato, interpretato da Edoardo Lomazzo, che fa lo spacciatore e che è lontano dal bene ci porta in un mondo piuttosto distante, ma abbiamo allo stesso tempo parlato dei valori dell'universo no profit senza cadere nello spot».

Bologna pare prestarsi molto bene alle serie tv...

«Sì, non manca nulla, ci sono attori, maestranze, tutto... a parte un buon investimento sul cinema. Abbiamo girato sotto le Due Torri e in Albania, a Elbasan, che diventa Lamerz nella serie, perché parte della storia si sposta poi là. E abbiamo seguito un'estetica che arriva da serie come True Detective, Breaking Bad e Orange is the New Black».

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