Fannulloni condannati, le motivazioni del giudice: "Scuse risibili"

Quattordici mesi a testa per i 9 assenteisti dell’Ispettorato regionale del Ministero dello sviluppo economico. Ma secondo il giudice, il "fulcro" era il direttore dell'ufficio

Un dipendente timbra il cartellino

Un dipendente timbra il cartellino

Bologna, 14 aprile 2016 - È una sentenza durissima e a tratti comica quella con cui il giudice Renato Poschi ha condannato a 14 mesi di carcere a testa i nove assenteisti dell’Ispettorato regionale del Ministero dello sviluppo economico, con sede in via Nazario Sauro. Durissima verso i condannati, ma anche verso l’ex direttore dell’ufficio Marco Cevenini, ora in pensione e non imputato, considerato il «fulcro del sistema» perché autorizzava le assenze illecite e che, secondo il giudice, andava processato quale «concorrente morale» assieme ai sottoposti.

Comica non certo per le rigorose argomentazioni del giudice, ma per le giustificazioni dei ‘fannulloni’ che sono riportate nelle 54 pagine delle motivazioni (appena depositate) della sentenza emessa a gennaio. Ci sarebbe davvero da ridere se non ci fosse da piangere nel sentire come si è giustificata in aula Angela Forni, all’epoca dei fatti caposettore: Non ho mai avuto un buon rapporto con il badge, io l’ho odiato il badge... è sempre stata una cosa che mi ha creato un grandissimo disagio... forse perché mi sembrava di essere uno spirito libero, mi sembrava di essere controllata”.

“E difatti questo ‘spirito libero’ – scrive il giudice – che provava disagio nell’essere controllato... si è reso responsabile di reiterati allontanamenti dall’ufficio abusivi e altresì si faceva timbrare il badge da altri colleghi pur non essendo al lavoro”. A carico di Angela Forni c’era anche la timbratura del 6 novembre 2009, alle 7,35 del mattino. Quel giorno però lei era in ferie. Come si è giustificata? Così: Ma guardi, se ero in congedo può darsi che sia entrata per andare in bagno se ero in giro, non lo so... magari sono passata in ufficio... potrebbe essere tutto e l’esatto contrario di tutto”. Una spiegazione che il giudice bolla come “risibile”.

Oltre alla Forni, gli altri assenteisti condannati sono Annamaria Inchingolo (anche lei all’epoca caposettore), Licia Serra, Laura De Cinque, Eleonora Farina, Silvia Lipparini, Claudia Vaccari, Maria Venezia Raimondi e Mario Corso. Tutti inchiodati dalle indagini del pm Antonella Scandellari e della Guardia di finanza, che nell’ottobre-novembre 2009 registrò i loro movimenti con telecamere nascoste.

Gente che andava a fare la spesa, in palestra o in giro per i fatti suoi, gente che allungava la pausa pranzo, gente che timbrava per gli assenti. E le giustificazioni in aula cadono ancora nel ridicolo. Licia Serra, immortalata con le buste della spesa, ha spiegato che era incaricata di portare documenti in Posta, alla Banca d’Italia o in altri enti e “si è inventata – scrive il giudice – che preferiva le borse e i sacchetti della spesa rispetto alla valigetta di servizio per la custodia delle pratiche e dei documenti” aggiungendo poi “che la consegna delle pratiche avveniva anche ‘al volo’, per strada”.

Memorabile, infine, la spiegazione di una collega alle frequenti visite in palestra di Laura De Cinque: “Vi si recava per lavarsi... per rinfrescarsi... una specie di purificazione... in quel momento era una persona molto provata... proprio per farsi una doccia”.

Chi tollerava tutto ciò era, per il giudice, l’ex direttore Cevenini, che in aula (sentito come testimone) si è vantato di aver introdotto “procedure innovative” e “controlli intelligenti”. In realtà, per il giudice, il sistema era “sconcertante” e il fulcro era proprio Cevenini perché “autorizzò, tollerò e incoraggiò” alcuni comportamenti illeciti degli imputati. Cevenini ha spiegato che le sue autorizzazioni erano “verbali”, dunque non verificabili. “Non si comprende bene – scrive Poschi – perché Cevenini non sia stato imputato quale concorrente morale negli illeciti dei dipendenti”. Vani sono risultati, infine, i tentativi di screditare Ciro Rinaldi, il collega che fece partire l’inchiesta sporgendo denuncia.

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