Aziendalizzazione in sanità? Ora si ‘umanizza’

La lettera, risponde il vice direttore del Resto del Carlino

Bologna, 14 maggio 2015 - Ho trascorso un periodo in ospedale e, dopo esserci stata a lungo diversi anni fa, devo dire che la scienza avrà fatto dei gran passi avanti ma i rapporti umani, il modo in cui noi pazienti veniamo trattati, è peggiorato. Anche perché c’è una tale rigidità di ruoli (chi assiste, chi pulisce, chi decide) che si ha paura anche a fare una domanda.

Nicoletta Avanzini

 

Risponde il vice direttore del Resto del Carlino

Ognuno di noi potrebbe raccontare sugli ospedali esperienze diverse se non contrapposte. Gli impegni del personale sono diventati via via più gravosi. Da molti anni si parla solo di tagli e chi arriva a vincere un lavoro in corsia (ieri a Modena hanno concorso in 6.500 per un posto) ci arriva stremato. Al di là di tante ragioni, però, mi affido a un luminare della nefrologia, il professor Ronco, per spiegare quella che è una tendenza sbagliata. «Il concetto di aziendalizzazione riferito alla sanità – scrive Claudio Ronco – stride perché la diagnosi non è un prodotto e il malato non è un cliente...L’aziendalizzazione ha disperso patrimoni di incalcolabile valore quali le relazioni umane al punto che oggi si deve introdurre il concetto di ‘umanizzazione’ per regolamento».

massimo.gagliardi@ilcarlino.net

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