Basta con il ‘vintage’. Tiriamo fuori qualche idea

Massimo Gagliardi

Massimo Gagliardi

Bologna, 15 settembre 2014 - Per strada, nelle case, in tv e sui giornali ormai da qualche anno sento la parola ‘vintage’. Va di moda l’abbigliamento ‘vintage’, l’arredamento di molti negozi è ‘vintage’, in casa non teniamo più il comò antico ma quello vecchiotto perché fa ‘vintage’. Ma non ci siamo stufati di tutto ’sto ‘vintage’? Valerio Orbellanti

Risponde il vicedirettore de il Resto del Carlino Massimo Gagliardi  

Io non ne posso più. Anche perché, se allarghiamo lo sguardo, ci accorgiamo che anche l’arte è vintage e così il teatro o il giornalismo stesso. La butto lì: a me il ‘vintage’ sembra una foglia di fico. Nel senso che ci si rifà al vecchio (anni Sessanta, Settanta e via di questo passo) perché non abbiamo idee nuove o abbastanza di rottura. La vera rottura della nostar epoca è internet e tutto ciò che vi si muove dentro. Ma qualcosa di altrettanto dirompente nel teatro me lo sapete indicare? Mi sapete dire di un artista davvero dirompente? Sicuramente ci sarà ma chi dovrebbe metterlo in piazza preferisce autori più classici, tranquillizzanti, soporiferi. È come la riscoperta dei favolosi anni Sessanta. «Allora sì che il Pil viaggiava». Ecco, appunto. Alla fine è sempre questione di Pil.

massimo.gagliardi@ilcarlino.net

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